(ANSA) – LONDRA, 06 AGO – Se nel Regno Unito le residue
centrali a carbone in via di dismissione coprono ormai “meno del
2%, se non l’1%” della produzione energetica nazionale è “grazie
a Margaret Thatcher”: che negli anni ’80 impose l’avvio dello
smantellamento della storica rete di miniere britanniche a costo
di sfidare i sindacati e mettere in ginocchio dal punto di vista
sociale, economico e occupazionale intere aree del Paese. E’
polemica su questo riconoscimento rivolto alla memoria della
Lady di Ferro del premier Tory in carica, Boris Johnson, a
margine della conclusione ieri di una visita (nelle intenzioni
pacificatoria e d’incoraggiamento alla ripresa post Covid) in
Scozia: territorio pesantemente colpiti a partire da quel
decennio – come Galles e Inghilterra centrale – dagli effetti
della politica carbonifera thatcheriana.
Il richiamo al beneficio ambientale accreditato a quelle
scelte – avanzato da BoJo nell’anno in cui il Regno si appresta
a presiedere in partnership con l’Italia la conferenza
internazionale sul clima CoP26 e sullo sfondo dei recenti
impegni del suo governo in favore di un’economia più verde o di
nuove misure strutturali contro l’inquinamento e la minaccia dei
cambiamenti climatici – non ha mancato di suscitare un vespaio.
La first minister indipendentista scozzese Nicola Sturgeon e
altri esponenti del suo partito (Snp) lo hanno accusato di “rozza insensibilità” verso il destino doloroso di tanti
minatori e delle loro famiglie, intimandogli di scusarsi. Mentre
critiche non meno aspre sono arrivate dal Labour – pur oggi
favorevole all’abbandono definitivo del carbone – per bocca sia
del leader nazionale britannico, Keir Starmer, sia del first
minister gallese Mark Drakeford. Secondo la Bbc, quella di
Johnson è stata del resto una scivolata “gratuita” dato il
contesto, che ha finito per mettere inopinatamente in imbarazzo
anche molti suoi compagni di partito scozzesi. (ANSA).
Fonte Ansa.it