(ANSA) – PHNOM PENH, 19 AGO – Khieu Samphan, 90 anni,
l’ultimo sopravvissuto dei gerarchi del sanguinario regime dei
Khmer Rouge di Pol Pot in Cambogia, nega di aver avuto un ruolo
nel genocidio, per il quale è stato condannato all’ergastolo in
primo grado da un tribunale sotto l’egida Onu.
“Rifiuto categoricamente l’accusa che io avessi intenzione di
commettere i crimini. Non li ho mai commessi”, ha dichiarato lo
stesso Samphan in chiusura di udienza al tribunale
internazionale al quale è ricorso in appello nella speranza
farsi annullare la condanna. Il suo avvocato ha ribadito che nel
processo, nel quale nel 2018 è stato riconosciuto colpevole di
genocidio ai danni delle minoranze vietnamita e dei musulmani
Cham in Cambogia, sono state portate prove e testimonianze
scelte “selettivamente”, omettendo quelle a suo favore. Poi ha
aggiunto rassegnato, in considerazione della sua età: “La mia
condanna è simbolica e non è basata sulle mie azioni come
individuo. Ma non importa cosa deciderete, tanto io morirò in
carcere”.
Ora il verdetto d’appello è atteso per il 2022.
Oltre 100 testimoni in tre anni di processo hanno raccontato
nei minimi dettagli atrocità di ogni genere commesse durante il
regime comunista radicale dei Khmer Rossi fra 1975 e 1979, sotto
il quale sono state uccise almeno due milioni di persone e che
fu abbattuto dall’invasione da parte del Vietnam.
Gli unici due sopravvissuti ai quali fu comminata la sentenza
nel 2018 furono Samphan e Nuon Chea, soprannominato “Fratello
Numero Due”, in quanto braccio destro del “Fratello Numero Uno”,
cioè Pol Pot. Nuon Chea è poi morto nel 2019. (ANSA).
Fonte Ansa.it