Assange: mobilitazione contro estradizioni in vista dell’appello

(ANSA) – LONDRA, 25 OTT – E’ ripresa nel Regno Unito la
mobilitazione di attivisti impegnati per i diritti umani e la
libertà di stampa alla vigilia del processo britannico d’appello
destinato a decidere sul ricorso presentato dalla giustizia di
Washington per ottenere l’estradizione negli Stati Uniti di
Julian Assange, cofondatore di Wikileaks, dopo la sentenza di
primo grado che nel gennaio scorso l’aveva negata.
    Nel fine settimana diverse centinaia di persone sono sfilate
per le strade di Londra – dalla sede della Bbc fino all’Alta
Corte, dove mercoledì inizierà la due giorni di udienze cruciali
sulla sorte dell’attivista australiano, inseguito senza tregua
dagli Usa fin da quando Wikileaks diffuse una montagna di
documenti americani imbarazzanti, incluso su crimini di guerra
commessi in Afghanistan e Iraq. Assange è accusato in Usa di
violazione dello Espionage Act, imputazione contestatissima dai
difensori dei diritti umani e mai sollevata prima d’ora per un
caso di pubblicazione giornalistica di file segreti, oltre che
di complicità in pirateria informatica.
    Oltreoceano l’artefice di Wikileaks, che da oltre due anni è
detenuto nel carcere londinese di massima sicurezza di Belmarsh
pur non avendo più alcuna pendenza con la giustizia del Regno,
dopo i 7 anni trascorsi da rifugiato nell’ambasciata
dell’Ecuador di Londra, rischia una condanna monstre a 175 anni
di galera. Condanna che secondo una perizia accettata dalla
giudice di primo grado britannica lo esporrebbe al rischio del
suicidio.
    Il team legale di Assange ha sempre respinto le accuse,
ritenute una minaccia alla libertà di stampa e frutto di
vendetta politica. Tanto più stando alle ultime rivelazioni
emerse in settembre secondo cui la Cia, durante
l’amministrazione Trump, nel 2017, aveva studiato un piano per
rapire ed eventualmente assassinare Assange durante la sua
permanenza nella sede diplomatica ecuadoriana. A gennaio un
tribunale di Londra aveva negato l’estradizione per tutelarela
sua “salute mentale”. In estate però gli Usa sono riusciti a
mettere in discussione l’affidabilità della perizia accolta in
primo grado , ottenendo il via libera all’appello. (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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