Con realtà virtuale – spesso abbreviata in VR – si fa riferimento ad una tecnologia che sfrutta degli strumenti di simulazione di un’ambiente reale. Attraverso l’uso di appositi dispositivi, quali casco o visori, l’utente è in grado di immergersi in un mondo fittizio, frutto di una proiezione da parte degli stessi. La riproduzione di suoni e l’eventuale utilizzo di guanti specifici che simulano gli stimoli tattili, riescono a fare in modo che l’individuo si isoli completamente dal mondo esterno e abbia l’impressione di trovarsi realmente in quell’ambiente.
La tecnologia VR viene ormai utilizzata in molti ambiti: non solo per scopi videoludici, ma anche per l’addestramento militare e per la ricerca scientifica. Per esempio, sono molto utilizzati nello studio delle proprietà di sistemi microscopici come le biomolecole.
Non molti sanno che, prima dell’utilizzo di un visore VR, bisognerebbe conoscere con precisione la propria distanza interpupillare – altrimenti detta IPD – per regolare il dispositivo. Si tratta di un parametro estremamente importante sia per godere di un’esperienza visiva ottimale, sia per evitare fastidiosi disturbi, come senso di nausea o affaticamento degli occhi. Fortunatamente, non è così difficile effettuare questa misurazione ed esistono diversi metodi fatti in casa per ottenere dei risultati abbastanza precisi, senza doversi rivolgere ad uno specialista.
Realtà virtuale: cos’è l’IPD e perché è importante
IPD non è altro che l’acronimo di Interpupillary Distance e con questa sigla si fa appunto riferimento alla distanza fra le pupille quando si guarda sempre dritto. Solitamente viene misurata in millimetri e il suo valore varia fra 51 e 74,5 millimetri per le donne e fra 53 e 77 millimetri per gli uomini, con una media di 61,7 e 64 millimetri rispettivamente.
I nostri occhi usano naturalmente la cosiddetta visione stereoscopica (o binoculare) per percepire la profondità di ciò che osserviamo. Per giungere a questo risultato, il cervello rielabora le immagini catturate dai due differenti punti di vista e sfrutta somiglianze e differenze per generare un’immagine tridimensionale. I film 3D ed i visori VR sono capaci di generare due immagini leggermente diverse proprio per replicare questo effetto.
In realtà, anche la visione con un solo occhio, detta appunto monoculare, concorre alla percezione della profondità. Alcuni film la sfruttano per creare una sorta di prospettiva forzata, che si serve di immagini grandi in primo piano e piccole in secondo piano per dare tridimensionalità alla scena. Per sfruttare al meglio la visione stereoscopica e quella monoculare, i dispositivi VR hanno bisogno di conoscere la distanza interpupillare. Un’impostazione corretta di questo parametro garantisce la messa a fuoco ottimale per la visione di immagini più nitide ed un’esperienza di utilizzo ancora più aderente a quella reale.
Ovviamente la IPD di ogni persona è differente ed il cervello è capace di effettuare la sua elaborazione automaticamente sulla base di questo valore. Il discorso è assai diverso per quanto riguarda i visori VR, che hanno bisogno di un input da parte dell’utente per impostare il parametro. Infatti, la percezione errata della profondità può condurre all’affaticamento degli occhi, a causa del lavoro di compensazione che devono effettuare.
Per farsi un’idea più o meno precisa, è come indossare occhiali da vista che non hanno la giusta gradazione.
Alcuni di questi dispositivi supportano un intervallo noto di IPD, in modo tale da consentire all’utente di scegliere la soluzione più appropriata. Una volta indossati, possono poi essere tarati rapidamente sul proprio valore tramite pulsanti fisici, purché si abbia già un’idea approssimativa della sua misura esatta.
Come si misura l’IPD
Il modo più rapido e accurato per ottenere una misura della propria IPD è chiedere il valore all’oculista durante la visita. Tuttavia, esistono anche metodi fatti in casa per riuscire ad ottenere un risultato con una buona approssimazione.
Per effettuare la misurazione in autonomia, è possibile servirsi di uno specchio e di un righello. È sufficiente disporsi davanti allo specchio, guardare dritto nei propri occhi, posizionare lo zero del righello in corrispondenza del centro di una delle due pupille e prendere nota del valore a cui è posizionata l’altra. Il risultato è tanto più aderente alla realtà quanto più ci posizioniamo vicini al nostro riflesso e riusciamo a mantenere il righello in posizione orizzontale.
Una variante di questo metodo consiste nell’appoggiare il righello direttamente alla fronte, facendo misurare l’IPD ad un’altra persona. In alternativa, si può ricorrere al cosiddetto IPD ruler, uno strumento apposito per la misura della distanza dalle pupille. La sua forma è simile a quella di un calibro: basta allineare i sottili filamenti verticali in corrispondenza delle pupille e leggere il valore risultante sull’asta.
In nostro soccorso possono venire anche alcune applicazioni per smartphone: EyeMeasure, sui dispositivi iOS, e GlassesOn, sui dispositivi Android, permettono di ottenere misurare la distanza interpupillare in maniera piuttosto precisa purché la fotocamera disponga di un buon sensore di profondità.
Alcuni modelli di visore VR consentono di misurare l’IPD in maniera piuttosto approssimativa: basta effettuare la regolazione tramite pulsante fisico e scegliendo il valore sulla base della percezione visiva. Più l’immagine è nitida, più saremo vicini al valore esatto. Per una migliore calibrazione, si potrebbe leggere un testo con un occhio solo tramite visore VR. Il dispositivo mostrerà il valore impostato e ci sarà utile per future regolazioni.
Oltre alla misurazione vera e propria – per quanto precisa possa essere – bisogna affidarsi soprattutto alle proprie sensazioni.
Infatti, qualora continuassimo a rilevare poca nitidezza nelle immagini o ad avvertire affaticamento degli occhi, dovremmo cercare di regolare l’IPD per trovare l’impostazione che ci causa meno problemi.
Fonte Fastweb.it