Li vediamo sfrecciare sulle piste delle Olimpiadi invernali di Pechino, sfidarsi in rettilinei su sci strettissimi e zigzagare in coppia nello snowboard cross (disciplina nella quale l’italiano Omar Visintin ha vinto la medaglia di bronzo): ma vi siete mai chiesti come fanno i professionisti di sci e snowboard a vincere l’attrito con la neve e scivolare veloci sulle piste? Il merito è, almeno in parte, di una sostanza cerosa, chiamata sciolina, che viene applicata alle solette (il “retro” di tavola e sci) e serve non solo a renderle più scorrevoli sullo strato nevoso (o ad avere più tenuta, o grip, nello sci di fondo), ma anche a proteggerle dal danneggiamento.
Di che cosa è fatta la sciolina? Il primo rudimentale esempio di sciolina documentato in letteratura risale al XVII secolo: ne parla Johannes Scheffer (1621-1679) nel suo Lapponia, dove narra che i Sami applicavano sui propri sci la resina di pino per vincere l’attrito del legno sulla neve e scivolare meglio. Da allora la sciolina si è evoluta, e oggi la troviamo principalmente in due forme: quella a base di idrocarburi (ovvero catene di carbonio e idrogeno), la più diffusa ed economica, viene usata soprattutto dagli sciatori amatoriali; quella a base di fluorocarburi (catene di carbonio e fluoro), diffusa dagli anni Ottanta, è invece più performante perché più idrorepellente, e per questo viene utilizzata soprattutto dagli atleti professionisti. «La differenza di prezzo è notevole», ci spiega Simone Carli, responsabile di produzione dell’azienda di scioline Rode: «A parità di quantità, se una sciolina a idrocarburi costa cinque euro, una a fluorocarburi ne costa cento».
PFOA e Rischi per la salute. Ma la differenza non sta solo nel prezzo: i fluorocarburi utilizzati fino a qualche anno fa per la produzione di scioline contenevano infatti una sostanza chiamata PFOA (acido perfluoroottanico, una delle PFAS, o sostanze perfluoro alchiliche, più diffuse), dannosa sia per l’ambiente sia per la salute di chi ne inalava i fumi che si disperdevano durante l’applicazione della sostanza cerosa.
Per questo il 4 luglio 2020 l’UE ha proibito la vendita di prodotti contenenti PFOA in quantità superiore a 25 parti per miliardo (0,025 mg per kg): una decisione che mira a far scomparire questa sostanza tossica dal mercato, e che è stata seguita anche dalla FIS (Federazione Internazionale Sci), che ha vietato l’uso di scioline contenenti PFOA nelle competizioni sportive da essa organizzate a partire dalla stagione 2021/2022. Oggi le scioline a fluorocarburi vendute in Europa sono prive di PFOA o li contengono in quantità infinitesimali.
Si può sciare senza sciolina? «C’è chi scia tutta la vita senza sciolinare gli sci», afferma Carli. In condizioni intermedie, con la neve che si mantiene a una temperatura che va dai -3 ai -10 °C, non ci sono grossi problemi. La questione cambia quando fa più freddo: in questo caso si rischia che la neve si attacchi alla soletta dello sci: «in gergo tecnico si dice che la neve fa zoccolo: in parole povere, il blocco di neve si attacca e lo sci si pianta, rendendo difficile lo scivolamento». Anche se la neve è troppo calda si verifica un problema simile, specialmente quando si va su piste poco ripide o quando si pratica sci di fondo: l’attrito aumenta, e gli sci o lo snowboard frenano. E in caso di ghiaccio? «Una soletta non sciolinata che corre sul ghiaccio si surriscalda e si brucia, danneggiandosi», spiega Carli: «la sciolina fa da cuscinetto, limitando l’innalzamento della temperatura dovuta all’abrasione».
Quanta se ne usa? Un atleta professionista applica la sciolina a ogni allenamento: se consideriamo circa 150 allenamenti l’anno, per 5 grammi di sciolina a ogni applicazione, possiamo stimare che uno sciatore professionista usi circa 750 grammi di sciolina l’anno.
Tipi di sciolina. Snowboard e sci da discesa utilizzano lo stesso tipo di sciolina, quella da scorrimento (che serve cioè a scivolare meglio); per lo sci di fondo bisogna invece fare una distinzione tra tecnica pattinata (quella in cui ci si spinge sugli sci per andare avanti) e tecnica classica (quella sui binari): se nel primo caso si applica la sciolina da scorrimento, nel secondo caso la questione è più complessa. «Sulla punta e la parte finale dello sci va la sciolina da scorrimento», ci spiega Carli: «al centro dello sci, sotto lo scarpone, si mette invece la sciolina da tenuta, che serve per non scivolare quando si va in salita». Infine, la sciolina da tenuta può essere a sua volta di due tipi: stick, dura e adatta a condizioni di neve nuova, farinosa e asciutta; klister, venduta in tubetti tipo dentifricio, che ha una consistenza mielosa e serve per non scivolare sulla neve vecchia, umida e di fine stagione.
Fonte Focus.it