Il futuro dei dispositivi indossabili e la privacy

Ormai i dispositivi indossabili sono entrati nella quotidianità di tutti. Battito cardiaco, ritmo sonno/veglia, allenamenti, pagamenti elettronici, chiamate e notifiche: sono sono alcune delle tantissime informazioni che passano ogni istante per smartband, visori e altri accessori già disponibili sul mercato o di prossima uscita. Tanti vantaggi, sicuramente, ma anche qualche rischio per le informazioni degli utenti: infatti è la privacy a pagare il prezzo più caro. Nel futuro, però, si prevedono ancora maggiori utilizzi, tanto che questi strumenti potrebbero integrarsi perfettamente nella vita di ogni giorno, rendendo più veloci alcune operazioni di routine e consentendo, allo stesso tempo, un costante monitoraggio della nostra vita a 360 gradi. Ma qual è il futuro dei dispositivi indossabili? E, soprattutto, quanto è a rischio la nostra vita privata?

Dispositivi indossabili e privacy, il futuro visto da Facebook

Per Facebook, il futuro è in un progetto di ricerca denominato “Progetto Aria“, ovvero un paio di occhiali in grado di “spiare” la vita del suo utilizzatore. Infatti, senza alcun display, questi occhiali sono in grado di registrare video, audio e movimento degli occhi di chi li indossa attraverso alcuni sensori e microfoni posizionati sulla sua struttura. Lo scopo ultimo è quello di studiare differenti impieghi della realtà aumentata nella vita di ogni giorno.

Il progetto, ancora agli inizi, è però già stato presentato da Facebook attraverso una presentazione che ne delinea l’utilizzo: “Immagina di chiamare un amico e chattare con il suo avatar realistico dall’altra parte del tavolo. Immagina un assistente digitale abbastanza intelligente da rilevare i pericoli stradali, offrire statistiche durante una riunione di lavoro o persino aiutarti a sentire meglio in un ambiente rumoroso. Questo è un mondo in cui il dispositivo stesso scompare completamente nel flusso e riflusso della vita quotidiana”.

Progetto Aria, come si pone Facebook nella questione della privacy?

indossabili e privacyTradotto in soldoni, il Progetto Aria potrebbe consistere in un dispositivo che porta Facebook dallo smartphone al volto del suo utilizzatore, diventandone parte integrante in ogni azione. Un’idea che, per quanto futuristica, dovrebbe far sorgere qualche dubbio visto che, nonostante le rassicurazioni sulla fase di sperimentazione e la tutela della privacy dei tester, ancora non si hanno informazioni certe su come saranno utilizzati i dati della ricerca del colosso dei social network. In particolare, a preoccupare è l’analisi del movimento degli occhi, viste le numerose implicazioni che li vedono protagonisti.

Come suggerito dall’organizzazione per i diritti digitali Elettronic Frontier Foundation, attraverso il movimento dei bulbi oculari è possibile non solo sapere ciò che una persona sta guardando, ma anche registrare un’ampia gamma di emozioni e di pensieri, non necessariamente svelati solo dalla parola. Se lo spostamento degli occhi può indicare un oggetto, un pensiero o semplicemente un’idea, allo stesso modo può aiutare a ricostruire dati ancora più importanti, come il pin di una carta di credito mentre viene digitato, una password o altri dati che dovrebbero rimanere nascosti.

Ovviamente, se tali dati dovessero finire nelle mani sbagliati o le compagnie dovessero farne un uso improprio, sarebbero molte le informazioni a repentaglio per ogni singolo utilizzatore. Potrebbero essere generate campagne sfruttando le vulnerabilità emotive del soggetto, oppure – caso ancora più pericoloso – soggetti esterni potrebbero venire a conoscenza di informazioni estremamente sensibili, difficili da modificare.

Dispositivi indossabili e privacy, il futuro visto da Amazon

indossabili e privacyCome è facile immaginare, Facebook non è l’unica compagnia a dover fare i conti con questa annosa questione. Altre società stanno già affilando le armi per poter affrontare la questione privacy in termini di dispositivi indossabili. Apple, in testa, lavora ormai da tempo alla realizzazione del suo primo headset per la realtà aumentata, portando avanti un’approfondita fase di ricerca e sviluppo relativa al monitoraggio del movimento oculare. Diversa strada ma stesso fine quello di Amazon: con un particolare algoritmo, la società di Jeff Bezos mira a leggere lo stato emozionale dei suoi clienti, per applicazioni potenzialmente illimitate.

Con Halo, un indossabile che ricorda particolarmente le smart band che ormai sono entrate a far parte della vita quotidiana di moltissime persone, è possibile monitorare alcuni parametri vitali (battito cardiaco, sonno) proprio come i normali wearable. A fare la differenza c’è però un piccolo, nemmeno poi tanto piccolo, dettaglio: l’analisi del tono della voce. Spiegare di cosa si tratta ha del futuristico: analizzando il tono della voce durante il giorno, questo strumento è in grado di carpire l’energia e la positività del suo utilizzatore. Secondo quanto dichiarato proprio da Amazon, questa particolare funzionalità sarà fondamentale per “aiutare i clienti a capire come il loro tono di voce appare agli altri”, oltre a “supportare il benessere emotivo e sociale e aiutare a rafforzare le comunicazioni e le relazioni”.

Halo, così l’intelligenza artificiale spia il quotidiano

indossabili e privacyInteressante ed estremamente utile, dal punto di vista psicologico, ma altrettanto spaventoso se si guarda dal punto di vista dell’applicazione dell’intelligenza artificiale. In passato non sono mancati gli esempi in cui l’IA si è mostrata poco capace di interpretare in maniera corretta il pensiero dell’essere umano, nonostante gli sforzi e i passi avanti compiuti nel campo della ricerca. Inoltre, come puntualizzato dal magazine statunitense Protocol, l’intelligenza artificiale abbia avuto i suoi problemi nell’approccio e nella gestione delle risposte davanti a donne o persone di colore, con risultati estremamente diversi da quelli ottenuti in condizioni simili durante l’interazione con uomini caucasici.

A questa disparità di approccio si aggiunge poi, come anticipato, la questione della privacy. Perché, attraverso un semplice e piccolo bracciale costantemente all’ascolto della voce, si corre il rischio di mettere a disposizione del colosso dello shopping online ogni tipo di informazione sul proprio quotidiano. E, sebbene al momento non vi siano alcuni dati che possano mettere in relazione Halo con Alexa, non è detto che in futuro la società di Bezos non decida di mettere in condivisione le informazioni tra i due sistemi, proponendo acquisti differenti in base al tono di voce del momento. Infatti, secondo un brevetto registrato due anni fa dalla società, Amazon si è già messa in tasca la possibilità di consentire alla sua smart assistant di compiere proprio questo passo: ovvero raccomandare acquisti sull’emozione espressa dalla voce.

Secondo il brevetto depositato, ciò avverrebbe attraverso un particolare sistema in grado di riconoscere “una condizione fisica o emotiva anomala”; e proprio su questa anomalia, Alexa potrebbe spingere specifici prodotti o pubblicità, offrendo al cliente consigli ancora più mirati del passato. Sebbene non vi sia certezza di realizzazione del brevetto, ciò dimostra come l’idea di base sia di particolare interesse per il colosso dell’e-commerce. Quindi, ricapitolando, in un colpo solo Amazon potrebbe avere accesso alle registrazioni della voce, ai contenuti delle discussioni e alle emozioni del parlante, tutto per l’invio di pubblicità targettizzate ancora più precise di quelle generate dalla navigazione in rete. Inoltre, a questo si aggiunge la cronologia degli acquisti, il numero di click e altre informazioni correlate. In pratica, una scheda completa degli usi del proprio cliente, andando a pescare direttamente nella sua privacy.

Dispositivi indossabili: beni e servizi in cambio del diritto alla privacy?

indossabili e privacyAnalisi della voce a parte, quanto immaginato da Amazon si integra perfettamente nella visione di Facebook del futuro dei dispositivi indossabili. Allo stato dell’arte della normativa, è difficile pensare a dei wearable di questo tipo senza immaginare possibili violazioni della privacy ma solo un differente approccio da parte degli utilizzatori alla gestione dei propri dati personali: dati sensibili, forniti per ricevere servizi o intercettare maggiori possibilità di personalizzazione dell’esperienza online e fuori dalla rete. Un compromesso, dunque, che mette sui due piatti della bilancia altrettanti beni, di valore attualmente diverso ma che potrebbe equipararsi nel futuro.

Fonte Fastweb.it

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