Se c’è una persona che ha cambiato, anche profondamente, il modo in cui tutti noi ci divertiamo e trascorriamo il tempo libero questa persona è il fondatore di Netflix, Reed Hastings.
Quella di Hastings è una storia tutta da raccontare, chiaro esempio di come il “sogno americano” ogni tanto si avvera, magari per caso visto che Hastings ha iniziato la sua carriera arruolandosi nell’esercito e ha finito con il portare la TV on demand nelle abitazioni di centinaia di milioni di spettatori in tutto il mondo. La biografia di Reed Hastings è colma di colpi di scena e avvicendamenti per alcuni versi improbabili.
Nato l’8 ottobre 1960 a Boston, nel Massachusetts, ha trascorso i primi anni di vita nei sobborghi della metropoli statunitense. Dopo aver girovagato un po’ per gli Stati Uniti al seguito della famiglia, si stabilisce nel Maine, dove frequenta – diplomandosi – il Bowdoin College a Brunswick.
Successivamente tenta la strada della carriera militare, arruolandosi nel corpo dei Marines, ma questa esperienza dura appena sei settimane. “Passavo il mio tempo a discutere se avessi preparato per bene lo zaino o se avessi rifatto il letto a regola d’arte. Non erano attività molto stimolanti, ma mi diedero modo di riflettere sul mio ruolo. Decisi così di presentare domanda di arruolamento nei Peace Corps e abbandonai i Marines”.
L’esperienza con l’armata della pace
Hastings – il cui nome completo è Wilmot Reed Hastings Jr. – trascorse ben due anni nei Peace Corps, la maggior parte dei quali nello Swaziland insegnando matematica. Un’esperienza che segnò profondamente il giovane Hastings – aveva da poco compiuto i 20 anni – sia sotto il punto di vista umano, sia sotto il punto di vista professionale.
“È stata un’esperienza molto interessante e soddisfacente. Una volta che hai attraversato l’Africa in autostop con appena 10 dollari in tasca, essere un imprenditore non sarà affatto un’impresa così ardua”. Ma l’avventura africana permise ad Hastings di sviluppare una sorta di venerazione per l’istruzione pubblica.
Non è un caso se, ad inizio del 2000, ha rivestito la carica di consigliere nel California State Board of Education e, tutt’oggi, sovvenzioni raccolte firme e referendum a favore della scuola pubblica.
Pure Software
Tornato dall’Africa, Reed Hastings si iscrisse alla Stanford University (un ripiego, come lui stesso ammise) e, nel 1988, ottenne la Laurea in Scienze Informatiche. Dopo varie esperienze in alcune startup californiane, Hastings decise di mettersi in proprio. Nel 1991 fondò Pure Software, piccola software house che realizzava strumenti per sviluppatori UNIX.
Lo spirito imprenditoriale che Hastings era riuscito a sviluppare nel corso della sua esperienza africana venne immediatamente a galla: nel giro di pochi mesi Pure Software crebbe in maniera esponenziale, collezionando una serie di acquisizioni e fusioni che la portarono oltre la soglia dei 100 dipendenti ben prima di compiere il secondo anno di età.
Nonostante le cose andassero a gonfie vele, il fondatore di Pure Software era tutt’altro che felice: non sentiva più – o forse non aveva mai sentito – l’azienda come qualcosa di suo. Così, quando nel 1997 Pure Software venne acquisita da Rational Software, Reed Hastings visse l’intera trattativa come un processo di liberazione.
Netflix
Dopo una piccola pausa di “riflessione”, Reed tornò a vestire i panni dell’imprenditore di successo nel 1998. Assieme all’amico fraterno Marc Randolph fondò Netflix, società che noleggiava DVD spedendoli via posta. L’idea nacque quando lo stesso Hastings dimenticò di riconsegnare il DVD del film Apollo 13: una volta restituito fu costretto a pagare 40 dollari di penale a causa del ritardo accumulato.
Decise quindi di lanciare un servizio di noleggio che funzionasse sul web: gli utenti potevano scegliere il film da affittare attraverso la Rete e riceverlo comodamente a casa, senza stare troppo a preoccuparsi della riconsegna. Grazie al pagamento di un canone fisso ogni mese, gli utenti non erano costretti a sottostare a tempi di restituzione troppo rigidi.
“Non avendo alcun limite temporale per la riconsegna e, soprattutto, non essendoci alcuna sanzione per i ritardi, gli utenti iniziarono a utilizzare Netflix anziché i classici canali di noleggio di film – ammette Hastings. Fu un successo, ma quando lanciammo il servizio, non avevamo alcuna idea se potesse funzionare o meno”. L’idea funzionò, e anche alla grande.
Netflix con il tempo si è evoluto ed oggi è il più grande fornitore al mondo di servizi di TV on demand, con una platea di oltre 209 milioni di utenti distribuiti un po’ in tutto il mondo (la gran parte, quasi 74 milioni, nei soli Stati Uniti).
La cultura Netflix
Ciò che maggiormente aveva deluso Reed Hastings nel corso della sua prima esperienza imprenditoriale era stata la mancata capacità di mantenere intatta l’identità della sua società. A causa della rapidissima crescita, Pure Software non fu in grado di affermare una propria cultura imprenditoriale e lavorativa. Reed Hastings fu bene attento a non ripetere lo stesso errore con Netflix.
Nonostante ritmi di crescita sostanzialmente simili a quelli di Pure Software, la sua seconda creatura si distinse – e continua a farlo – dai propri competitor per un diverso approccio imprenditoriale e lavorativo. Non solo i dipendenti Netflix sono tra i più pagati nel campo dell’hi-tech, ma possono anche scegliere come suddividere il loro compenso tra azioni della società e contanti.
È lo stesso Hastings a spiegare questo approccio ad ogni nuovo dipendente di Netflix, accogliendolo nel proprio ufficio pochi giorni dopo l’assunzione.
Hastings e la filantropia
Non è certo una scelta avventata, quella di puntare sul valore di Netflix per incrementare i guadagni della propria attività lavorativa. Infatti, il magazine economico Forbes lo ha inserito nel 2017 nella lista dei 400 più ricchi d’America, mantenendo la proprietà di un’esigua percentuale del suo pargolo di maggior fortuna: solo l’1%. A parlare per lui, il patrimonio: il giornale parla di 5 miliardi, decisamente invidiabile. Come mai una cifra così piccola nelle tasche di uno dei miliardari maggiormente di successo degli ultimi anni?
La risposta è da ricercare in una nobile causa: la filantropia che dopo l’esperienza del 2000 è tornata ancora una volta nella vita di Hastings. Nel 2012 lui e la moglie Patty Quillin hanno sottoscritto “The Giving Pledge“, accordo nato dalla mente del padre di Microsoft Bill Gates e dal magnate Warren Buffett per i miliardari che scelgono di devolvere la maggior parte dei propri introiti in progetti di beneficenza. Entrambi i coniugi si sono dichiarati più volte entusiasti del gesto che permette loro di aiutare la comunità.
Un atto di solidarietà, il loro, che esprime la voglia della coppia di mettere a disposizione del prossimo il frutto dell’impegno nel campo lavorativo. L’istruzione è stata anche al centro del fondo dedicato alle borse di studio per studenti di colore in collaborazione con Morehouse College e Spelman College, due università che da sempre sono state baluardo per la popolazione afroamericana, e la United Negro College Fund.
Grazie alla partnership è stato istituito un campo di addestramento di lusso in Colorado, negli Stati Uniti, totalmente incentrato sugli insegnanti.
Hastings, la vita oltre Netflix
Oltre a sedere sulla poltrona più importante di Netflix come presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato, Hastings ha ricoperto altri ruoli di rilievo in passato come membro del CdA di altre aziende top a livello globale. Tra queste spiccano Microsoft dal 2007 al 2012 e Facebook, dal 2011 al 2019.
Dal 2020, però, ha deciso di allentare la pressione legata all’attività svolta per la piattaforma di streaming più famosa del globo. Perciò ha scelto di promuovere alla posizione di co-CEO Ted Sarandos, già impegnato come executive della società che, da allora, lo affianca nelle operazioni più complesse. È così che Hasting ha potuto sfruttare uno degli elementi chiave della sua strategia, ovvero le vacanze.
L’uomo d’affari è sempre stato estremamente aperto su questo particolare aspetto del proprio privato che, ogni anno, lo porta a trascorrere ben sei settimane lontano dalla scrivania. Nonostante non possa contare su alcun tipo di hobby per scaricare la tensione accumulata, già nel 2015 aveva difeso tale la scelta in un’intervista rilasciata durante la DealBook Conference organizzata dal The New York Times.
Per Hastings, i lunghi periodi di relax lo aiuterebbero sensibilmente a ottenere una prospettiva completamente diversa su molti degli aspetti più complessi dell’attività lavorativa, riportandolo poi al lavoro in piene forze e ricco di nuove idee.
La politica, l’altro pallino di Hastings
Se la filantropia ha avuto la meglio sui guadagni del papà di Netflix, anche la politica ha saputo ritagliarsi un ruolo principe nella sua vita. Sostenitore del Partito Democratico degli Stati Uniti, secondo il Silicon Valley Business Journal ha donato 8,1 milioni di dollari in donazioni al partito o ad alcuni dei suoi rappresentanti nel decennio compreso tra il 2001 e il 2011.
Per la campagna presidenziale di Joe Biden, Hastings ha sborsato 2800 dollari, quasi la metà rispetto ai 5000 per la rielezione di Barack Obama. Una somma contenuta, la prima, che gli ha consentito di unirsi al gruppo dei 137 miliardari che per Business Insider hanno promosso economicamente la candidatura del 46° Presidente a stelle e strisce. Più cospicue le somme investite per Pete Buttigieg nella corsa alla Casa Bianca o per il Senate Majority PAC. Al comitato incaricato di raccogliere fondi per raggiungere la maggioranza Dem al Senato, la cifra è salita a ben 500mila dollari.
No rules rules
Nel 2020 Hastings ha pubblicato un libro, scritto insieme alla professoressa della Insead Business School Erin Meyer, dal titolo “No rules rules” (pubblicato anche in Italia con il titolo “L’unica regola è che non ci sono regole”). Nel libro Hastings e Meyer raccontano la cultura aziendale che ha portato Netflix al successo planetario, una cultura basata sull’idea di reinventarsi sempre, proprio perché le regole non contano.
Proprio come si è dovuta reinventare Netflix, che è nata per noleggiare DVD ed è sopravvissuta alla morte dei DVD grazie alla flessibilità. Questa flessibilità, scrive Hastings, deve essere adottata anche nella gestione del personale dandogli libertà, ma vincolando il posto di lavoro dei dirigenti alle loro responsabilità: chi ha successo va avanti, chi non ne ha va a casa e non serve il controllo ferreo per ottenere il risultato sperato.
Naturalmente, essendo scritto dal fondatore di Netflix, “No rules rules” è anche autocelebrativo. Ma è indubbio che la piattaforma di streaming abbia raggiunto i risultati che tutti conosciamo facendo ben più di uno strappo a quella che era, e per molti versi è ancora, la business culture americana basata soprattutto sul un controllo quasi fiscale dei processi produttivi.
Fonte Fastweb.it