La ricerca per individuare un nuovo supporto magnetico per il salvataggio dei dati dei computer inizia nel 1967 presso i laboratori dell’IBM. L’obiettivo era progettare e realizzare un dispositivo per l’archiviazione dei dati che fosse in grado di caricare rapidamente il sistema operativo nei vecchi computer, così da sostituire il caricamento dei dati attraverso schede perforate e bobine di nastro magnetico, che oltre ad essere lente erano ingombranti.
Nel 1971 il primo floppy disk fece la sua comparsa: un disco magnetico in una scocca di plastica e protetto da un tessuto, che lo puliva dalla polvere mentre ruotava.
Questi dischetti da 8 pollici però potevano essere solo letti dalle unità 23FD Floppy Disk Drive System, ma dovevano essere scritti da un’unità speciale dell’IBM. Da allora, la tecnologia alla base dei floppy disk si è evoluta per oltre 20 anni, supportando sia la lettura che la scrittura. Il floppy disk era portatile e maneggevole, una vera e propria innovazione, che però si spense pian piano a partire dagli anni Novanta con l’arrivo di nuove tecnologie di storage come CD-ROM e chiavette USB, fino al suo declino nella prima metà degli anni Duemila. Un tempo sufficiente per diventare un’icona dell’informatica moderna.
L’evoluzione dei floppy disk
I floppy disk vennero utilizzati in primo luogo per i sistemi di computer mainframe, ma solo verso la fine degli anni Settanta questi dispositivi di archiviazione dati sono diventati di uso comune per i personal computer destinati al business che si diffondevano in quegli anni. Nel corso di oltre 40 anni sono stati sperimentati diversi formati di unità floppy, di dimensioni diverse e con diverse funzionalità.
Nel 1971 l’IBM ha lanciato il primo floppy disk da 8 pollici progettati per la sola lettura e con uno storage a disposizione di appena 80 KB di dati. Poi Nel 1973 è arrivato IBM Diskette, un floppy da 8 pollici che supportava sia la lettura che la scrittura e con memoria da 250 KB fino a 1,2 MB.
Nel 1976 la Shugart Associates ha lanciato sul mercato le unità floppy da 5,25 pollici, inizialmente con memoria da 88 KB per poi nel 1982 estendere la capacità di archiviazione dati a 1,2 MB. Sempre in quell’anno, dalla collaborazione tra Maxell, Hitachi e Matsushita, nasce il Compact Floppy da 3 pollici, che poteva contenere 125 KB di dati, poi ampliato a 720 KB.
Nel 1983 con il lancio dei computer Apple Lisa, la Mela lancia il dischetto Apple Fileware da 5,25 pollici, che poteva contenere circa 871 KB di dati. Nello stesso anno, Sony lancia il suo primo floppy da 3,5 pollici con uno storage di 360 KB nella configurazione a un lato e 720 KB in quella a due lati, che verrà adottato anche da Apple. Le versioni successive erano in grado di memorizzare rispettivamente fino a 1,44 MB o 2 MB di dati.
Il debutto del floppy disk da 2 pollici arriva nel 1989, firmato sia da Sony che da Panasonic. Nel 1991 arriva Floptical da 3,5 pollici, un’unità floppy di Insite Peripherals che poteva contenere fino a 21 MB grazie alla tecnologia di tracciamento ottico.
Poi nel 1995 fa la sua comparsa lo Zip Disk da 100 MB di Iomega, che diventò lo standard alternativo ai floppy disk fino alla loro scomparsa negli anni 2000. Anno dopo anno, la capacità di archiviazione dati era sempre maggiore, fino a raggiungere i 750 MB di dati. Nel 1996 invece fu la volta dell’Imation SuperDisk, un’unità da 3,5 pollici con storage da 120 MB che utilizzava tecniche di tracciamento laser. Le unità SuperDisk potevano leggere sia i propri dischetti che i normali floppy da 3,5 pollici.
L’addio ai floppy disk
Con l’avvento dei CD-ROM negli anni Ottanta e la diffusione nel corso degli anni novanta di dischi Zip e delle prime chiavette USB, l’utilizzo dei floppy disk è andato via via calando. Nonostante il declino fosse inevitabile, le unità a disco hanno resistito inaspettatamente fino alla metà degli anni 2000, perché venivano utilizzati per distribuire gli aggiornamenti del BIOS delle schede madri dei PC e dei driver delle periferiche.
La prima società a bandire i floppy disk dai propri computer fu Apple, che nel 1998 lanciò un iMac che non aveva alcun tipo di unità floppy.
Questo perché la società di Cupertino pensava che gli utenti avrebbero potuto facilmente trasferire file utilizzando la LAN, CD-ROM e Internet. Una mossa che si rivelò giusta, aprendo alle nuove tecnologie di archiviazione dati. Nel 2010 la Sony annunciò che non avrebbe più prodotto floppy disk né unità floppy, fino ai giorni nostri con l’abbandono di questo dispositivo di storage.
Floppy disk: un’icona di archiviazione dati
Nonostante il declino, i floppy disk sono diventati un’icona dell’archiviazione dati in informatica. Con 50 anni di storia alle spalle, già negli anni Ottanta la loro importanza era stata riconosciuta. Le aziende che sviluppavano software tra gli anni Ottanta e Novanta iniziarono a rappresentare nei loro programmi l’azione del salvataggio proprio con l’icona di un floppy disk. Una tendenza che resiste ancora oggi su tantissimi programmi, come anche quelli della suite Microsoft. Un segno indelebile che i floppy disk hanno lasciato nella storia dell’informatica fino ad oggi.
Fonte Fastweb.it