“Se da un punto di vista psicologico l’infanzia e l’adolescenza esistono ancora, da un punto di vista sociologico sono sparite. E la tecnologia ha accelerato questo processo: davanti ad uno schermo non c’è più nessuna differenza tra adulti e adolescenti. E questi ultimi sono molto più svegli di noi, anche in grado di accedere facilmente al dark web”. E’ il parere di Maria Beatrice Toro, psicologa e psicoterapeuta, sulla “chat dell’orrore” usata da giovanissimi dove venivano scambiate immagini molto violente.
Maria Beatrice Toro è Direttore Didattico della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Interpersonale SCINT di Roma. Ha scritto diversi libri tra cui ‘Crescere con la Mindfulness’, rivolto al mondo dei ragazzi, ‘Minfulness insieme’ e ‘Avatar’ con Tonimo Cantelmi e Massimo Talli.
“Nella vita reale – aggiunge l’esperta – non esiste più la mediazione e il filtro dell’adulto, fruiamo degli stessi intrattenimenti e delle stesse notizie, sui social e sul web. Ma mentre gli adulti sono ‘scolarizzati’, gli adolescenti hanno una immaturità celebrale e un bisogno infinito di esplorazione e trasgressione, come del resto è sempre stato, che li porta ad essere attratti da contenuti estremi. E’ una gara al peggio, a chi è più bravo a trovare cose orrende, prima erano le gare sui binari, ora la violenza sul web. Un fenomeno che è aumentato durante il periodo claustrofobico del Covid”.
“I file gore sono file con contenuto estremo che esistono dagli anni Duemila – spiega la psicologa – e per andare sul dark web non ci vuole un ingegnere informatico, basta usare un browser, lo fanno tanti adolescenti. Il ragazzino cerca un file vero, anche se molto violento, perché dopo aver fatto una overdose di virtuale cerca la realtà. In questo senso la tecnologia è diventata un veicolo di iperrealtà, si è alzata la soglia di sensibilità, è un upgrade rispetto alla finzione. Più è vero, più vale qualcosa. E se arriva dagli amici è ancora meglio del dark web”. In questo contesto, spiega Maria Beatrice Toro, per i genitori è “difficile essere informati e stare al loro stesso livello”.
“Fare i genitori del Terzo Millennio è uno sforzo incredibile – sottolinea – c’è una generazione di genitori logori, provati da una precarietà lavorativa e a volte sentimentale in cui i figli sono l’unico bene rifugio, l’unica solidità e sono spaventati dal diventare impopolari. Hanno un enorme problema a dare regole e la paura di una porta chiusa. Sono dipendenti affettivi dai figli, sono questi ultimi i loro riferimenti, anziché esserlo i genitori per i figli”.
Fonte Ansa.it