Le soft skills sono competenze trasversali, qualità personali dell’individuo che lo rendono più produttivo dal punto di vista professionale e gli permettono di gestire nella maniera più efficiente la propria vita personale, sfruttando nel migliore dei modi le risorse a sua disposizione.
Si differenziano dalle hard skills, competenze tecniche, che si apprendono grazie alla formazione, allo studio e all’esperienza. Le soft skills sono frutto di un percorso di crescita, di vita, di relazioni, esperienze, di una predisposizione naturale e del background culturale. Si sviluppano lentamente e non possono essere trasmesse da terze persone attraverso l’insegnamento. Si possono praticare degli esercizi o applicare delle tecniche per migliorarle o metterle in atto più facilmente.
Le soft skills, proprio per la loro complessità di sviluppo, sono molto ricercate nel mondo del lavoro. I recruiter, durante i percorsi di selezione, fanno estrema attenzione alle qualità dei candidati, cercando lavoratori sempre più qualificati.
Tra quelle più importanti, ci sono la capacità di leadership, di saper parlare in pubblico, di comunicare, di lavorare in team, di gestire lo stress e le tensioni, di time management, l’empatia, la flessibilità, l’autonomia, la precisione, la creatività e il problem solving.
Il problem solving è, senza ombra di dubbio, tra le abilità più richieste. È presente negli annunci di lavoro più disparati, indipendentemente dal settore, dal livello e dalla qualifica richiesta. È essenziale possedere questa soft skills e il suo sviluppo viene stimolato fin dall’età scolare attraverso percorsi multidisciplinari che coinvolgono aree come la matematica, la logica e delle materie umanistiche.
Problem solving strategico: che cosa è
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Il problem solving è una qualità dell’individuo che fa riferimento all’intelligenza emotiva. Permette di individuare facilmente i problemi, riconoscerli, capirne le cause e le conseguenze che potrebbe provocare, trovare tutte le possibili soluzioni e selezionare e applicare quelle più creative, innovative e che richiedono il minor investimento in termini di risorse.
Il problem solving richiede l’applicazione del pensiero verticale, basato sulla logica deduttiva, e del pensiero laterale, che spinge l’individuo alla produzione di nuove idee e a seguire percorsi mai affrontati in precedenza.
Il problem solving viene studiato in psicologia, poiché è considerato un processo cognitivo, affettivo e comportamentale. Ad attuarlo è l’individuo quando si trova di fronte ad una sfida o ad un ostacolo da superare per raggiungere gli obiettivi che si è prefissato o per soddisfare i propri bisogni.
Ci sono delle soft skills che possono migliorare l’abilità di problem solving e facilitarne lo sviluppo. Tra queste vi sono le abilità analitiche, necessarie per comprendere le origini di un problema e tutte le sue caratteristiche, la propensione al team working, la capacità di prendere decisioni anche difficili e una buona gestione dello stress, essenziale nei momenti di tensione.
Problem solving strategico: i vantaggi
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È una soft skills molto ricercata nel mondo del lavoro poiché può portare a grandi vantaggi. Favorisce un cambio di prospettiva da parte dei professionisti, che riescono a studiare una situazione da più punti di vista, individuandone pericoli e opportunità. Incrementa le possibilità di innovazione e determina il miglioramento del business dell’azienda e una maggiore soddisfazione da parte dei clienti.
I mercati e le realtà lavorative si sono fatte sempre più complesse. Aumentano quotidianamente i rischi e gli imprevisti a cui si va incontro. Per restare competitivi e garantire la sopravvivenza dell’impresa è necessario saper riconoscere i problemi, rimuoverne le cause velocemente e risolverli con creatività.
Problem solving strategico: tutte le fasi da seguire per trovare soluzioni innovative
Il problem solving strategico è una tecnica efficace per la risoluzione dei problemi in maniera creativa. È bene seguirne tutte le fasi. Durante il processo si possono utilizzare strategie e strumenti, come le mappe mentali e concettuali.
Innanzitutto, occorre definire il problema e identificare l’obiettivo che si vuole raggiungere in termini descrittivi e concreti. È una prima fase fondamentale, che richiede molto tempo. Bisogna descrivere come la dinamica si esprime, le persone coinvolte e il suo funzionamento e avere una chiara immagine di quali cambiamenti si vogliono realizzare e quali condizioni determinerebbero la risoluzione.
Nella definizione degli obiettivi ci deve essere estrema precisione e chiarezza. L’obiettivo principale può essere scomposto in tanti piccoli sotto-obiettivi.
La seconda fase consiste nell’analizzare le soluzioni già adottate in precedenza, i tentativi fatti e comprendere cosa non ha funzionato, cosa non è più applicabile e cosa è replicabile. Se il problema non si è mai presentato in precedenza, vanno individuate tutte le possibilità presenti.
Occorre capire quali interventi potrebbero peggiorare la situazione e immaginare eventuali scenari che si scatenerebbero all’applicazione di ogni soluzione trovata. Ciò limita le possibilità di fallimento. Una volta conclusa questa seconda fase, bisogna pianificare seguendo il concetto dello scalatore. Si definiscono i piccoli passi da effettuare.
Deve essere disegnato l’intero percorso da seguire per raggiungere l’obiettivo prefissato. Nulla deve essere lasciato al caso. La tecnica dello scalatore prevede una definizione a ritroso: dal risultato che si vuole ottenere si passa allo stadio immediatamente precedente fino ad arrivare alla prima azione da compiere,
È sempre necessario un monitoraggio costante durante il processo di applicazione delle soluzioni, per valutare eventuali scostamenti dai risultati desiderati e applicare in corsa gli aggiustamenti necessari per raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati.
Per saperne di più: Cos’è il problem solving e come sviluppare questa competenza
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Fonte Fastweb.it