(ANSA) – ROMA, 25 MAG – Sono i pregiudizi umani, più che gli
algoritmi, a far cadere nelle fake news: lo indica l’analisi del
comportamento di alcuni volontari sul motore di ricerca di
Google durante due campagne politiche americane. Guidata da
Ronald Robertson, dell’Università di Stanford, la ricerca è
pubblicata sulla rivista Nature.
“Lo studio conferma quel che emerge già da alcuni anni,
ossia mette in dubbio l’impatto degli algoritmi nella produzione
delle cosiddette echo chamber e nel produrre polarizzazione”, ha
detto all’ANSA Tomasso Caselli, dell’Università di Groningen.
Note come luoghi virtuali e metaforici in cui tendono ad
aggregarsi le persone che condividono idee simili e informazioni
di parte, le echo chamber sono spesso al centro anche del
dibattito politico perché considerate vere e proprie incubatrici
di disinformazione.
Per alcuni anni si è ritenuto che gli algoritmi usati dai
motori di ricerca e dai social fossero in qualche modo i
responsabili di questo fenomeno, noto anche ‘filter bubble’,
secondo cui gli utenti sono passivamente guidati dalla
personalizzazione dei contenuti offerti dagli algoritmi. Adesso “sembra che il potere di questi algoritmi sia in realtà meno
forte di quel che si riteneva qualche anno fa”, ha aggiunto
Caselli. Per misurarne il potere i ricercatori si sono
concentrati su un gruppo di volontari di cui è stato possibile
monitorare il comportamento online, in particolare nelle
ricerche fatte con Google durante le ultime due campagne
elettorali. I risultati hanno evidenziato la neutralità
dell’algoritmo, ossia non ha la predisposizione a mostrare
contenuti che in qualche modo vadano a dare conferma dei
pregiudizi iniziali. Erano invece gli utenti stessi a cercare
notizie a conferma dei propri pregiudizi, rafforzando
ulteriormente la propria posizione polarizzata.
“Ovviamente non è facile arrivare a risposte conclusive di
nessun tipo, gli elementi sono molti e questo studio – ha
concluso il ricercatore italiano – si riferisce alle ricerche
con Google, mentre conosciamo quasi nulla degli algoritmi usati
nei social. La polarizzazione è un fenomeno molto più complesso
di quel che a volte si dice”. (ANSA).
Fonte Ansa.it