Troppo lavoro nero, precario e
part-time, oltre il 50% dei dipendenti con contratti scaduti da
oltre 2 anni e un’inflazione galoppante che erode il potere
d’acquisto. Una produttività che non cresce da 20 anni e un
fisco che infierisce sulle buste paga.
Sono questi i nodi da sciogliere per affrontare la questione
salariale secondo il Cnel, che è la sede proposta dal governo
come sede per studiare un intervento condiviso sul salario
minimo.
Una relazione presentata alla Camera il mese scorso premette
di capire l’approccio dell’organizzazione, dove sono depositati
i contratti nazionali, e la sua analisi sul lavoro povero. Il
Cnel vi sottolinea che la quasi totalità dei contratti si trova
già al di sopra della soglia di 7-9 euro, prevista come minimo
legale dai recenti disegni di legge.
La situazione attuale è quella di una proliferazione di
contratti. Sono 975 quelli in vigore nel settore privato al 31
maggio 2023. Tra questi ci sono cosiddetti contratti pirata
firmati da organizzazioni poco rappresentative e caratterizzati
bassi salari, ma restano comunque dominanti i contratti della
galassia Cgil, Cisl e Uil che, sono poco più di un terzo dei
contratti principali, ma coprono il 97% dei lavoratori.
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Fonte Ansa.it