Roman Polanski, 90 anni vissuti senza tregua

(di Giorgio Gosetti) Di pochi artisti si può dire che la
vita ha inciso in modo brutale sull’arte come nel caso di Roman
Polanski – 90 anni il 18 agosto – e che porterà alla Mostra di Venezia
il suo ultimo film, The Palace. Ventuno film in 61 anni di
carriera (da Il coltello nell’acqua a Rosemary’s baby, da
Chinatown a Il Pianista, da Venere in pelliccia a L’Ufficiale e
la Spia), quasi tutti girati lontano da casa per le vicende
giudiziarie che lo accompagnano dagli anni ’70. Al solo
pronunciare il suo nome, la società dello spettacolo si divide
tra colpevolisti e perdonisti con punte clamorose, come quando
la presidente della giuria della Mostra di Venezia, Lucrecia
Martel, contesta la selezione dello stesso film affermando “Non
separo l’opera dalla persona”.
    Tutto risale alla denuncia per abuso di minore (Samantha Geimer)
spiccata dal tribunale di Los Angeles nel 1977, risoltasi in una
condanna per l’età – meno di 14 anni – della giovane modella che
in seguito ha sempre dichiarato che il rapporto non fu uno
stupro e che non gli porta rancore come si vede nel documentario “A film memoir” (2012) di Laurent Bouzereau. Fuggito a Londra
dopo la condanna però Polanski è nella “red notice” del governo
americano dal 2005 e rischia l’estradizione se esce dalla
Francia o dalla Svizzera che l’hanno accolto. Si deve aggiungere
che le denunce per violenza sessuale contro di lui sono in tutto
cinque, ad oggi non giunte a giudizio.
    Ma è solo l’ultima svolta di una vita attraversata dal dolore e
dal dramma. Rajmund Roman Thierry Polański, nasce già esule, a
Parigi, il 18 agosto 1933 dallo scultore e pittore Ryszard
Liebing che ha cambiato nome per le sue origini ebree. La madre
morirà ad Auschwitz, il padre, deportato e sopravvissuto a Mauthausen lo affida a una famiglia cattolica polacca che poi lo
rivenderà a dei contadini presso cui vivrà fino all’arrivo
dell’Armata Rossa. L’altra grande tragedia della sua esistenza è
nel ’69 gli adepti di Charles Manson fanno irruzione nella sua
villa a Los Angeles massacrando la seconda moglie Sharon Tate
che era all’ottavo mese di gravidanza e gli amici presenti in
casa la sera dell’8 agosto. Per due anni Polanski non toccherà
più la cinepresa.
   

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Fonte Ansa.it

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