Associazioni, garanti dei diritti
dei detenuti, magistrati, poliziotti e soprattutto avvocati: in
tanti, per più di tre ore, oggi a Torino si sono alternati su un
palco allestito in piazza Arbarello in una maratona oratoria per
denunciare il problema dei suicidi nelle carceri. L’iniziativa è
stata promossa dalla Camera penale del Piemonte occidentale ‘Vittorio Chiusano’ e sostenuta da diverse sigle.
I detenuti che si sono tolti la vita nei primi sei mesi del
2024 sono 50 (di cui cinque fra Torino, Cuneo, Biella e Novara)
a fronte dei 69 dell’intero 2023. “Le nostre carceri grondano
sangue”, ha commentato Emilia Rossi, avvocato penalista, ex
componente dell’Ufficio del garante nazionale. “Dobbiamo
smuovere – aveva detto Davide Mosso, dell’Osservatorio carceri
dell’Ucpi, aprendo la maratona – le coscienze di chi siede in
Parlamento e nel Consiglio dei ministri perché si dica ‘basta’ e
si prendano provvedimenti”.
Susanna Ronconi, ex brigatista oggi impegnata
nell’associazione Forum Droghe, ha messo l’accento sul fenomeno
degli stupefacenti: “Senza i detenuti per reati connessi alla
droga non ci sarebbe più sovraffollamento e, anzi, si otterrebbe
un utilizzo di posti dell’80 o 90%. Modificare l’ordinamento
sugli stupefacenti è essenziale. Magari depenalizzando alcune
condotte: perché si deve finire in carcere per avere coltivato 2
piantine di marjuana per consumo personale?”.
Igor Boni, esponente radicale, ha cominciato il suo
intervento citando quanto gli disse un detenuto ad Asti: “Il
miglior ministro della giustizia è stato il Covid, perché
durante la pandemia si sono ampliate le maglie dentro il carcere
e sono aumentati i contatti con i familiari. Per il resto, i
ministri che si sono succeduti hanno prodotto, quando è andata
bene, solo parole”. “E’ un tema – ha osservato l’avvocato Luigi
Chiappero – di cui la politica non si occupa perché non porta
voti”.
“Abbiamo cercato di salvargli la vita. Non ci siamo riusciti.
E questa cosa ci ha toccati nel profondo. Ci ha segnato
moltissimo”. A parlare è un agente di polizia penitenziaria di
34 anni, iscritto al sindacato autonomo di categoria Osapp, che
nell’aprile del 2022 intervenne per soccorrere un giovane di
origini straniere che era stato portato nel carcere di Torino
pochi giorni prima per avere rubato delle cuffiette per il
bluetooth. L’occasione è stata la ‘maratona oratoria’
organizzata oggi nel capoluogo piemontese dalla Camera penale
per denunciare il problema del suicidi nelle carceri. Il ragazzo
si era impiccato a una plafoniera. “Prima di arruolarmi – dice
R.P. – avevo fatto l’operatore della Croce Rossa e sapevo come
comportarmi. Praticai delle compressioni, poi la respirazione
bocca a bocca. Tutto inutile. L’osso del collo era rotto.
Altrimenti ce l’avremmo fatta”.
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Fonte Ansa.it