(dell’inviata Cinzia Conti) “La foresta: una delle
più grandi creazioni della natura, casa di più della metà di
tutte le specie viventi e di tutti questi milioni di vite, ne
basta una sola per cambiare il mondo”. Parte da queste parole il
lungometraggio d’animazione Ozi – La voce della foresta, ultimo
tassello del grande impegno in favore dell’ambiente di Leonardo
DiCaprio sbarcato ieri sera in anteprima tra gli applausi al
festival di Giffoni (e atteso al cinema da giovedì 19
settembre). Per chiarire subito che nessuno può nicchiare e
tirarsi indietro e che la cosa ci riguarda tutti. E se il disneyano Bambi fece tanto per mettere a tacere molte
doppiette dei cacciatori, chissà che Ozi, diretta dal genio dei
cartoon Tim Harper (nominato ai Bafta per “Andy Pandy”) e
distribuito da Notorious Pictures, non riesca a far capire che
un piano B per la salvaguardia della madre terra non esiste.
Davvero eccezionale il cast del doppiaggio originale del film a
partire dal recentemente scomparso Donald Sutherland. Con lui
anche Amandla Stenberg (The Hunger Games) che presta la voce a
Ozi, Laura Dern (Storia di un matrimonio), Djimon Hounsou (Blood
Diamond), RuPaul (RuPaul’s Drag Race), Dean Charles Chapman
(Game of Thrones) e Rachel Shenton (All Creatures Great and
Small). Come ha spiegato recentemente l’altro produttore del
film Mike Medavoy: “Tutti quelli a cui lo abbiamo chiesto ci
hanno detto di sì”.
La sentono bene l’eco-ansia qui a Giffoni. Sia i giovani –
storica fu una domanda dello scorso sul futuro dell’ambiente
fatta da una ragazza che fece addirittura scoppiare a piangere
un ministro della Repubblica, Gilberto Pichetto Fratin – ma
anche i bambini. E ai bambini si rivolge questa storia della
piccola e adorabile orangotango Ozi che vive felice nella
foresta con i genitori. Ma non dura molto questa quiete, perché
come spiega più avanti uno degli scanzonati protagonisti, “per
sempre di questi tempi non esiste, tutto ha una durata. La casa
un attimo prima ce l’hai e un attimo dopo no, niente è per
sempre…”. Infatti l’intervento dell’uomo, con incendio
compreso, distrugge il mondo di Ozi e la separa da mamma e papà.
Allora viene “salvata” dalla stessa razza che l’ha condannata:
un gruppo di volontari “buoni” per creare i quali produttori e
sceneggiatori hanno lavorato a lungo con ambientalisti “veri”,
come la dottoressa Karmele Llano Sanchez che gestisce un
orfanotrofio di oranghi simile a quello che appare nel film e
conduce campagne contro la deforestazione.
Ecco allora Ozi che impara addirittura a comunicare con la
lingua dei segni (del resto come dice la volontaria che la
salva: gli oranghi sono intelligenti quasi quanto gli umani) e
diventa quello che molti bambini e giovani sognano:
un’influencer virale e amata. Ma c’è una nuova svolta nella sua
piccola e travagliata esistenza: scopre che i genitori che
temeva di aver perso sono vivi e parte con una scimmietta
piombata nella sua nuova vita dalla natura per ritrovarli. Il film, come dicono i produttori, non vuole essere una “medicina” ma una cosa intelligente che faccia innanzitutto
divertire (e i ragazzini di Giffoni ridono di gusto) ma pure
pensare. Pensare non solo ai danni all’ambiente fatti in
continuazione dall’uomo ma anche al falso impegno green di
alcune multinazionali propinato solo per accaparrarsi nuovi
contratti e ancora più soldi. Del resto, come ha efficacemente
sintetizzato lo sceneggiatore Rodrigo Blaas, “noi esseri umani
siamo un paradosso ambulante. Nello stesso tempo in cui ci
prendiamo cura delle nostre famiglie e del nostro ambiente, in
realtà lo danneggiamo anche”.
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Fonte Ansa.it