I lavoratori dipendenti del
settore privato del Nord lavorano quasi 2 mesi in più all’anno
dei colleghi del Sud e, alla luce di ciò, i primi percepiscono
una retribuzione giornaliera del 34% più alta dei secondi.
Anche nel Mezzogiorno si lavora molto e, probabilmente, anche
di più che in altre aree del Paese; purtroppo, lo si fa in “nero”.
Lo rileva la Cgia secondo la quale il vero problema è la
diffusione del sommerso che rende l’occupazione del Mezzogiorno
fragile e povera. Se non si comincia a contrastare efficacemente
il lavoro irregolare, il divario Nord-Sud è destinato ad
aumentare, danneggiando tutto il Paese. Secondo la Cgia nel 2021 il numero medio delle giornate
retribuite al Nord, su dati Inps, è stato pari a 247, al Sud,
invece, a 211. Pertanto, nel settentrione un ipotetico operaio
ha lavorato 36 giorni in più che corrispondono a quasi 2 mesi
lavorativi “aggiuntivi” rispetto a un collega meridionale. Per
quanto concerne la retribuzione media giornaliera lorda, nel
Nord si è attestata attorno ai 100 euro e in meridione sui 75.
Di conseguenza, la paga giornaliera al nord è mediamente più
elevata del 34% rispetto a quella percepita nel Mezzogiorno.
Al sud si lavora meno, oltre per la presenza di un’economia
sommersa perchè c’è poca industria, specie hig-tech, e una
limitata concentrazione di attività bancarie, finanziarie ed
assicurative. Il mercato del lavoro è caratterizzato da tanti
precari, molti lavoratori intermittenti, soprattutto nei
servizi, e tanti stagionali legati al mondo del turismo.
Inoltre, si fa meno ricerca, meno innovazione e il numero dei
laureati che lavorano nel Sud è contenuto. La combinazione di
questi elementi fa sì che gli stipendi percepiti dai lavoratori
regolari siano statisticamente più bassi della media nazionale.
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Fonte Ansa.it