(ANSA) – ROMA, 05 DIC – Una storia vera che ha sconvolto la
Francia e che diventa film in Saint Omer dell’esordiente Alice
Diop. Il tutto basato sul fatto di cronaca di una senegalese,
Laurence Coly (Guslagie Malanga), accusata di aver ucciso la
figlia di quindici mesi abbandonandola su una spiaggia del nord
della Francia. Ma il film, già in concorso al Festival di
Venezia – dove ha vinto il Leone d’Argento e quello del Futuro
– e in corsa per la Francia agli Oscar 2023, nelle sale dall’8
dicembre con Medusa – racconta anche di una romanziera di
trent’anni, Rama (Kayije Kagame), che vuole usare il processo in
corso al Saint-Omer Criminal Court come spunto per il suo
romanzo. Una sorta di alter ego di Alice Diop che non a caso si
è ritrovata tra il numeroso pubblico del processo, affascinata
come tanti da questa assassina fredda, distaccata e a volte
poetica.
“Sono passata dai documentari a questo film – spiega la
regista a Roma – perché permette a un pubblico molto più
numeroso di accedere a questioni politiche. Ho cominciato coi
documentari perché mi mancava la rappresentazione di alcune
cose, dei corpi neri in azione, tutta quella parte della società
francese che non viene mai rappresentata e che volevo invece
raccontare. Fare l’esperienza di essere neri in un paese come la
Francia è come fare l’esperienza dell’invisibilità”.
E ancora sul suo rapporto con la Francia: “Il modo in cui
vengono percepiti questo film e me stessa è molto diverso in
Francia rispetto al resto del mondo, in particolare negli Stati
Uniti. Forse perché rappresento una cosa nuova nel panorama
cinematografico francese. Ma la cosa bizzarra è che in Francia
chi ha contestato il mio film lo ha fatto non rispetto ai suoi
contenuti, ma perché citavo Pasolini e Margherite Duras. Hanno
detto che sono arrogante e presuntuosa. Negli Stati Uniti è
diverso perché trent’anni fa hanno avuto come premio Nobel una
donna nera, Toni Morrison. Per loro non è una cosa strana
affrontare certi temi”. (ANSA).
Fonte Ansa.it