Anche Internet perde la sua biodiversità

L’universo online è in continua, inarrestabile, espansione da quasi 25 anni. Nel 2020 il numero dei soli domini .com registrati ha superato i 150 milioni.

Eppure, nonostante questa crescita, il mondo digitale si sta concentrando attorno ad un numero sempre più ristretto di organizzazioni, che accentrano nelle loro mani un sempre maggior numero di servizi.

L’ecosistema “.com”. La “biodiversità” digitale è stata recentemente analizzata da un team di ricercatori australiani, che con l’aiuto dell’intelligenza artificiale ha scandagliato 18 miliardi di commenti online pubblicati su Reddit e Twitter a partire dal 2006 e i link postati a corredo di questi commenti.

L’analisi ha misurato l’unicità dei link postati nei commenti con un coefficiente tra 0 (massima diversità, ogni commento punta a un dominio diverso) e 1 (minima diversità, tutti i commenti puntano allo stesso dominio, per esempio youtube.com).

I risultati dello studio sono chiari: 20 anni fa nel web c’era molta più diversità, con oltre 20 link diversi ogni 100 commenti pubblicati. Nel 2020 i ricercatori hanno misurato una media di appena 5 link diversi ogni 100 commenti pubblicati.

Secondo lo studio, nel 2020 il 60-70% dell’attenzione sui principali social media si è focalizzata su meno di 10 domini.

La ricerca ha misurato anche la struttura dei link che collegano tra loro i vari siti web, analizzando oltre 20 milioni di connessioni negli ultimi 3 anni. Ne è emerso che i primi 1.000 siti più visitati al mondo crescono di popolarità un mese dopo l’altro, a discapito dei siti più piccoli e meno conosciuti.

Ma nonostante questo il web continua ad essere terreno fertile per l’innovazione: ogni giorno nascono nuovi servizi, nuove applicazioni e nuovi prodotti, dai servizi di messaggistica allo shopping online, dalle piattaforme per trovare lavoro a quelle per giocare o lavorare.

Sempre meno superstiti. Lo studio ha misurato anche come nel corso della sua storia il web abbia radicalmente mutato la propria vitalità: se nel 2011 il 40% dei siti creati 5 anni prima era ancora attivo, nel 2015 questa percentuale si era ridotta al 3.

Le dinamiche della concorrenza digitale sembrano quindi chiare: in 25 anni il web è profondamente mutato e ha perso la maggior parte della propria diversità, a scapito della concorrenza e dei vantaggi dell’economia di rete. A farne le spese non è solo il mondo digitale, ma anche quello reale, visto che si tratta di due universi sempre più interconnessi. In che modo? Internet è, tra le tante cose, anche la prima fonte di contatti per chi vuole trovare lavoro, fare acquisti, cercare una casa… Se il contenuto è nelle mani di poche grandi aziende, si rischia di creare forti squilibri che a lungo andare avranno conseguenze sull’utente finale, ma non solo.

Secondo i ricercatori è quindi compito dei governanti promuovere lo sviluppo della diversità digitale, favorendo la nascita di servizi sempre nuovi e innovativi capaci di soddisfare le esigenze e bisogni ancora irrisolti dei consumatori.

Fonte Focus.it

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