Angius, in I Giganti’ un’umanità autodistruttiva

(ANSA) – ROMA, 10 AGO – Una casa nella campagna sarda,
d’estate, in un tempo sospeso, teatro di una riunione fra ‘amici’ che non si vedono da tempo. Un crescendo di confessioni
e scontri destinato a diventare un gioco al massacro, alimentato
da droga, alcool, sensi di colpa, rimorsi, assenze (soprattutto
quella del femminile che appare e scompare) e rabbia. E’ il
mondo filtrato da un mix di generi, come western intimo,
thriller psicologico, kammerspiel, con qualche pennellata di
horror, messo in scena da Bonifacio Angius ne I Giganti l’unico
film italiano in gara nel concorso internazionale al Locarno
Film Festival. Un viaggio immersivo “su un’umanità
autodistruttiva, che nella storia ha saputo soprattutto nuocere
a se stessa, dall’inquinamento al nucleare. Mi piace definire
questo racconto come un’opera filosofica scritta da un
cialtrone” spiega il regista all’ANSA. “Mi hanno influenzato
anche i mesi di pandemia – aggiunge -. Forse non ce ne siamo
resi conto ma stiamo vivendo un cambiamento epocale. Raccontare
questa paura, disperazione, ambiguità, inquietudine era
d’obbligo per me ma volevo farlo in un film popolare, con
personaggi chiari e definiti”.
    Angius, anche produttore (Monello Film) con il contributo di
Fondazione Sardegna Film Commission, si mette in scena per la
prima volta anche come attore, dando volto a uno dei
protagonisti, Massimo, ossessionato dai suoi fallimenti,
innanzitutto quello con la compagna e la sua bambina ancora
piccola: “La interpreta mia figlia vera, Mila – spiega il
cineasta -. Io in realtà ho iniziato come attore e mi sono reso
conto durante la scrittura che questo personaggio prendeva
lentamente le mie sembianze”. Gli altri ‘amici’ sono il più
rassegnato e ferito, Stefano (Stefano Deffenu); lo spregiudicato
Andrea (Michele Manca); il ‘politico’ Piero (Stefano Manca), che
si porta dietro il fratello minore Riccardo (Riccardo Bombagi).
    Non c’era “escamotage migliore, che l’uso costante degli
stupefacenti per rappresentare la loro autodistruttività. Non è
un film moralista, ma neanche morboso nei confronti della droga.
    Ne facciamo vedere il lato negativo, come si mostra il lato
negativo della misoginia e del maschilismo”. (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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