“Mi chiedevo come avesse
potuto rompersi un albero così e poi ho letto che non si è
spezzato come era stato detto invece in un primo momento.
Eravamo orgogliosi di quell’albero, lo vedevamo crescere giorno
per giorno: il più alto in alluminio al mondo”. Così Riccardo
Martinelli, 75 anni, ex operaio di 5/o livello alla Perini navi
di Viareggio ed ex delegato per la Fiom nel cantiere nautico
toscano, ricorda la costruzione dell’albero del Bayesian, il
veliero affondato due giorni fa nella rada di di Porticello,
vicino a Palermo, dopo una tromba d’aria. Fu uno dei dipendenti,
racconta, che realizzò la struttura in alluminio “Per tirarlo su – ricorda Martinelli, che vive a Torre del
Lago – fu costruito un capannone speciale. Veniva lavorato in
sbieco, 5 metri di lamiera per volta che veniva raddoppiata e
saldata, per poi inserire la parte elettronica. Un lavoro che
vide impegnate tre persone per quattro mesi, per fare la parte
in alluminio”. “Ci vollero poi delle gru speciali per metterlo
sopra la barca, il piazzale rimase bloccato due-tre giorni”.
All’epoca del varo del Bayesian, il 2008, che uscì dai
cantieri Perini col nome di Salute, “eravamo oltre cento, si
facevano 3-4 barche all’anno, anche nei cantieri di Spezia”.
Quando la società fallì, nel 2021, “c’erano 60 barche Perini a
giro nel mondo. Da fuori – commenta – potevano anche sembrare
tutte uguali ma gli interni erano di un lusso che le
contraddistingueva”. Tutto, ricorda sempre Martinelli, era stato
iniziato per hobby da Fabio Perini, oggi 84enne, originario di
Vorno, in provincia di Lucca, “non un ingegnere ma un buon
meccanico tornitore”: la sua fortuna era legata all’invenzione
di macchinari innovativi per il settore cartario, fiore
all’occhiello dell’industria lucchese. Poi la nuova attività nel
settore nautico. “Cominciò con un 25 metri – ricorda Martinelli
-, in vetroresina, andato poi al principe Ranieri di Monaco”. La
particolarità dei velieri Perini è la forte automatizzazione.
Barche comunque impegnative. Perini navi diventa poi leader nel
settore dei megasailer, le grandi navi a vela e “vince tanti
premi”.
Di problemi, alle imbarcazioni uscite dai cantieri,
Martinelli non li ricorda, “anche quando si faceva la
manutenzione, ogni 4-5 anni: mai successo nulla”. Solo una
volta, ricorda, uno dei velieri, “il Legacy: ha avuto l’albero
spezzato. Ma perché finì in mezzo a un tornado in America e il
problema furono le sartie”: l’imbarcazione, un 48 metri, nel
2005 finì nel mezzo dell’uragano Wilma in Florida. Fu trascinato
sui banchi di sabbia, senza più albero, non affondò.
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Fonte Ansa.it