Data per certa la partenza entro i primi di giugno come asset imprescindibile per la ripartenza definitiva post lockdown, la app Immuni trova pero’ ancora una strada che appare tutta in salita. Mentre infatti, si fa sapere, che la App verrà testata non in 3 ma in 6 regioni, arriva la decisione del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga di ritirare la disponibilità alla sperimentazione. Fedriga ha scritto una lettera da inviare alla Conferenza delle Regioni per motivare la scelta.
“A quanto si apprende – spiega Fedriga – Immuni prevederà non la ricostruzione della catena di contatti dei soggetti risultati positivi, come peraltro richiesto dalla Regione al fine di integrare in modo omogeneo il lavoro oggi svolto manualmente, bensì l’invio di un sms ai cittadini entrati a contatto con un contagiato”. “Ciò significa – sostiene ancora il governatore – che si passerà da una gestione affidata ai Servizi sanitari a un’azione diretta (e priva del supporto di professionisti) dei cittadini, a cui competerà l’onere di chiamare il medico di base: una soluzione poco avveduta che rischia di ingenerare panico o, nel caso in cui il cittadino decidesse di non rivolgersi al medico curante, di vanificare l’efficacia dell’app”.
Ad essere perplesso e’ anche Andrea Crisanti direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova e virologo che ha lavorato fianco a fianco con il Governatore Zaia per far fronte all’epidemia di coronavirus che ha pesantemente investito il Veneto. “Sono perplesso sull’app Immuni – dice – se la scarica il 60% della popolazione, avrà capacità di mostrare solo il 9% dei casi. Insomma una montagna di soldi buttati”. A completare il punto di vista delle regioni del Nord sulla app arriva anche il commento del sindaco di Milano Giuseppe Sala.
“Sulla idea della app Immuni dice – c’è un punto di cui nessuno sta parlando: l’app da sola non fa nulla, servono migliaia di persone che prendono i risultati, li decifrano e, quindi, orientano i comportamenti”. Persone – conclude – “che in qualche modo trascrivono i segnali”, i cosiddetti “tracciatori”.
Non si spengono neppure le osservazioni sul fronte etico e della privacy. Arriva, infatti, una lettera pubblicata sulla rivista Nature degli esperti di etica digitale dell’Università di Oxford Jessica Morley, Josh Cowls, Mariarosaria Taddeo e Luciano Floridi che chiedono un coordinamento sovranazionale per armonizzare le condizioni d’uso dell’app per il tracciamento dei contagi. “Oltre alla privacy, scrivono i ricercatori, la raccolta di dati personali sensibili deve considerare aspetti etici fondamentali come l’uguaglianza e l’equità. Questo significa che l’app deve essere in grado di funzionare indipendentemente dalle caratteristiche tecniche del dispositivo che si utilizza e dal tipo di connessione. Certamente, osservano i ricercatori, l’urgenza dell’app ha imposto di lavorare con molta fretta, e per questo è opportuno che vengano chiamati supervisori, come è accaduto in Francia, Italia e Gran Bretagna.
Sono almeno quattro, secondo gli esperti, i principi da rispettare: l’app deve essere uno strumento necessario, proporzionale, scientificamente valido e limitato nel tempo.
Fonte Ansa.it