(ANSA) – ROMA, 26 GEN – Cinquant’anni fa quattro giovani
attivisti aborigeni piantarono un’ombrellone da spiaggia sul
prato davanti al parlamento australiano, a Canberra, con un
cartello scritto a mano: ‘Ambasciata aborigena’. Era il 26
gennaio 1972, anniversario della fondazione della colonia
australiana, e l’idea iniziale era quella di una veglia
permanente per rivendicare il diritto dei nativi alla terra,
strappata loro dagli inglesi.
Pochi giorni dopo l’ombrellone fu sostituito da una tenda e
in breve ai quattro attivisti, Michael Anderson, Billy Craigie,
Tony Coorey e Bertie Williams, alla protesta si unirono migliaia
di persone da diverse parti d’Australia.
Mezzo secolo dopo la tenda dell’Ambasciata aborigena è ancora
lì, nonostante i tentativi di governo e polizia di rimuoverla, e
testimonia della più lunga protesta per il diritto alla terra di
un popolo indigeno contro il governo di un Paese. Un problema
che rimane irrisolto, ma la tenda, posta in un luogo strategico
crocevia di ospiti stranieri, politici, giornalisti, è riuscita
nell’intento di attirare l’attenzione del mondo e dei media
internazionali sulla questione.
“L’ambasciata era fondamentalmente concepita come una
rappresentanza per tutte le nazioni indigene – ha detto ad Al
Jazeera uno dei fondatori, Anderson, oggi settantenne – quel
piccolo pezzo di terra che abbiamo occupato doveva essere visto
come un luogo neutrale dove gli aborigeni potevano venire ed
esprimere le loro opinioni sull’occupazione a cui eravamo
sottoposti da parte degli inglesi”.
Ma, spiega, “ancora non siamo andati vicini alla soluzione
dei problemi”, e nonostante le molte operazioni di facciata, “gli aborigeni stanno peggio di quanto non siano mai stati”. “Il
mio lavoro non è finito. Abbiamo ancora molta strada da fare”.
(ANSA).
Fonte Ansa.it