Da sogno degli ambientalisti a realtà dell’industria automotive: le auto elettriche non sono più il futuro, ma il presente e secondo la IEA (International Energy Agency) entro il 2030 ce ne saranno tra 148 e 230 milioni in circolazione, in tutto il mondo. Ma è solo l’inizio, perché nello scenario migliore dell’agenzia internazionale si tratterà del 12% del parco circolante.
Al netto di una, al momento improbabile, rivoluzione tecnologica che renderà economica e fattibile l’opzione dell’auto a idrogeno, le auto elettriche a batteria sono destinate a diventare la normalità entro il 2050. Che è domani, non dopodomani. Tanto è vero che già oggi la scienza e l’industria si sta ponendo il vero problema da risolvere per rendere completamente ecologiche le auto elettriche.
Questo problema non è, come molti erroneamente credono, la produzione di energia elettrica verde per alimentare le auto verdi. La decarbonizzazione della produzione di energia elettrica è già una realtà, le tecnologie ci sono e l’unica sfida che deve affrontare questo settore è tutta politica: decidere di puntare sull’energia rinnovabile, mettendoci i soldi.
La sfida vera, invece, è quella del riciclo delle batterie delle auto elettriche a fine vita. In questo caso la questione è ben più complessa, come complessa è una batteria per EV.
Complessa, delicata e pericolosa: se non viene maneggiata con cura, infatti, la batteria dei veicoli elettrici può infiammarsi, esplodere o, nella migliore delle ipotesi, inquinare moltissimo. Questo perché, all’interno di ogni batteria agli ioni di litio, ci sono molti altri materiali la cui gestione è spesso problematica.
Cobalto, nichel, manganese sono solo alcuni degli elementi potenzialmente inquinanti che si trovano, in quantità diverse ma sempre abbastanza elevate, all’interno di un accumulatore
Ma cosa si sta facendo, oggi, per mettere in piedi una filiera del riciclo delle batterie per auto elettriche a fine vita? La prima cosa che l’industria sta facendo, paradossalmente ma giustamente, è pensare che una batteria a fine vita non è realmente morta.
Una batteria, in altre parole, può avere molte più vite di quanto un tempo si pensasse.
La seconda vita delle batterie per EV
Di solito una batteria per auto elettrica si considera “a fine vita” quando la sua capacità di accumulare e cedere energia elettrica è scesa sotto il 70-60% di quella originale. Un’auto elettrica ha bisogno di molta energia per funzionare e, soprattutto, che tale energia venga erogata in fretta. Allo stesso tempo, però, la batteria deve essere in grado di accumulare in fretta energia, ad esempio durante la frenata rigenerativa.
Se queste due condizioni non sono più possibili, l’esperienza d’uso quotidiana dell’auto elettrica peggiora nettamente: quando si dovrà fare un sorpasso l’auto non ce la farà, anche se il motore elettrico è ancora in ottime condizioni; quando si dovrà ricaricare l’auto alla colonnina ad alta potenza l’accumulatore non riuscirà a incamerare abbastanza in fretta l’energia; quando l’auto frenerà la maggior parte dell’energia potenziale verrà dispersa in calore e non, come prima, convertita di nuovi in elettricità da accumulare nella batteria.
In casi come questi, la batteria è considerata “a fine vita” e va sostituita (o, più spesso, si cambia tutta l’auto). Ciò non vuol dire, però, che la stessa batteria non sia ancora buona per altri scopi e per altre applicazioni, che richiedono prestazioni inferiori all’accumulatore. Il caso classico è l’accumulo di energia domestico, la batteria dell’impianto fotovoltaico.
Un impianto fotovoltaico domestico, infatti, non produce grandi quantità di energia tutte insieme, quindi una batteria considerata “morta” su un EV va ancora benissimo in una casa.
Discorso assolutamente identico nei grandi parchi fotovoltaici o eolici, dove è solo una questione di scala e di parallelismo: migliaia di batterie dismesse dalle auto elettriche sono ancora utilissime per accumulare l’energia prodotta dall’impianto rinnovabile.
Questi impianti di accumulo energetico su scala industriale, tra l’altro, sono utilissimi per stabilizzare la rete elettrica, per sopperire ai buchi di potenza elettrica quando si verifica un picco di consumo imprevisto (o si blocca per qualche motivo la produzione in una centrale elettrica).
L’esempio classico di seconda vita delle batterie per auto elettriche è quello dell’Amsterdam Arena (Johan Cruijff Arena, da qualche tempo), lo stadio di calcio dell’Ajax: sul tetto dello stadio è stato installato un impianto fotovoltaico con 4.200 pannelli solari, che producono energia elettrica (ovviamente) solo di giorno e con il bel tempo.
Al piano terra, però, è stato creato un impianto d’accumulo energetico da 3 MegaWatt di potenza e 2,8 MWh di capacità realizzato con le batterie di 148 Nissan Leaf a fine vita.
L’esempio delle batterie Tesla
Tesla, casa automobilistica pioniera dell’auto elettrica e la prima nata elettrica, ha trasformato questa idea in modello industriale e di business. L’azienda di Elon Musk, infatti, non solo produce auto elettriche e le vende in tutto il mondo, ma negli Stati Uniti vende anche impianti fotovoltaici domestici con accumulo e, di nuovo in tutto il mondo, realizza e vende soluzioni industriali di accumulo energetico su grande scala.
Si tratta di una soluzione modulare, basata su container pieni di moduli batteria (i cosiddetti “MegaPack“) che possono essere trasportati ovunque serva accumulare energia. Più container si installano, maggiore è la capacità di accumulo.
Tuttavia, persino Tesla sa che, alla fine, le batterie vanno smontate e smaltite. Per questo ha stretto da tempo accordi con aziende specializzate nel riciclo delle batterie, affinché le batterie delle Tesla realmente a fine vita possano essere riciclate a norma di legge. I primi accordi sono stati stipulati con aziende statunitensi e per il mercato americano, ma anche in Europa Tesla ha fatto la stessa cosa.
A gennaio 2011 (non 2021: 2011!) Tesla ha annunciato l’accordo con la belga Umicore per lo smaltimento delle batterie delle sue auto elettriche. Ma parte dello smaltimento delle batterie ormai avviene direttamente all’interno degli stabilimenti di produzione delle auto: nel 2020 è stato inaugurato quello dentro la GigaFactory in Nevada. Un impianto di riciclo delle batterie è in costruzione anche all’interno di Giga Berlin, la nuova fabbrica Tesla in Germania.
Fonte Fastweb.it