La pubblica amministrazione è un settore in cui i dati da gestire sono tantissimi e in cui la sicurezza è cruciale. Non c’è atto, documento, modulo che il cittadino deve compilare che non preveda l’immissione di dati personali come il nome, cognome, data di nascita, codice fiscale e spesso molto altro. In Italia, purtroppo, la pubblica amministrazione non gode di una buona fama in quanto ad efficienza e ad aggiornamento tecnico dei sistemi informatici utilizzati. Ma c’è una tecnologia che, se applicata correttamente, potrebbe far fare un grosso passo avanti agli uffici pubblici: la blockchain. Grazie all’uso della “catena di blocchi“, infatti, lo scambio di dati tra diversi uffici potrebbe diventare molto più efficiente e sicuro e molte procedure online potrebbero acquisire valore legale. Il che vorrebbe dire, di ritorno, alleggerire molto il lavoro della PA.Cos’è la blockchain e perché potrebbe cambiare la pubblica amministrazionePer farla molto breve: la blockchain è un modo di scambiarsi dati in cui ogni passaggio è registrato, crittografato e non può essere manomesso. Quando un dato viene scritto in una blockchain, quindi, esso non è più modificabile né eliminabile. I dati sono archiviati in una sorta di database distribuito, suddiviso in nodi. Ogni nodo ha una copia del documento archiviato, quindi se qualcuno dovesse manomettere un documento su un nodo ci sarebbero tutti gli altri nodi come “testimoni” del documento o dato originale. Questo rende l’archiviazione e condivisione di dati e documenti teoricamente a prova di hacker.La pubblica amministrazione potrebbe usare questo sistema, innanzitutto, per creare degli efficienti profili elettronici dei cittadini: ben oltre la carta d’identità elettronica, questo passaporto digitale personale sarebbe univoco, sicuro e potrebbe archiviare tutti i nostri dati sensibili e/o necessari alla PA. Un profilo del genere, inoltre, potrebbe essere usato anche per votare elettronicamente da qualunque parte del mondo.Lo stesso identico discorso si potrebbe fare con il catasto elettronico, con il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) e con tutti gli archivi pubblici per ridurre al minimo il rischio di truffa, manomissione o perdita di dati. La blockchain, poi, potrebbe essere utile anche per azzerare le truffe nel settore delle lotterie e per blindare i bandi pubblici. Ma anche per ridurre al minimo le frodi sulla tracciabilità degli alimenti o per combattere il falso Made in Italy. Ovunque ci sia un documento che passa dal computer A al computer B, in pratica, la blockchain potrebbe essere utile.PA e blockchain: alcune esperienze già avviateIn Europa, Italia compresa, e nel mondo sono già iniziate alcune sperimentazioni della blockchain nella pubblica amministrazione. Risale al 2016 la European Blockchain Initiative lanciata dalla UE per analizzare il possibile impatto della blockchain in settori tecnologici complessi e con molti scambi. Come quello dell’energia e quello delle telecomunicazioni. Negli Stati Uniti lo Stato del West Virginia ha sperimentato nel 2018 la blockchain per gestire il voto alle elezioni primarie. In Lombardia si sta cercando di unire le potenzialità della blockchain con quelle dello SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale già esistente, che permette di accedere a tutti i servizi online della PA italiana. Un primo esperimento è stato già fatto con la gestione delle candidature online del premio internazionale “Lombardia è ricerca“.In Gran Bretagna, nel 2017, è stata invece concessa la prima licenza per una lotteria basata su blockchain. Sempre nel Regno Unito si sta sperimentando la blockchain per la tracciabilità della carne, sotto l’occhio attento della Food Standars Agency. Ma lo Stato che sembrerebbe più avanti di tutti nell’integrazione della blockchain nella sua pubblica amministrazione è l’Estonia che, con il progetto e-Estonia, ha creato una piattaforma digitale in cui sono archiviati praticamente tutti i dati sensibili dei cittadini. Compresi quelli sanitari e la fedina penale.PA e blockchain: cosa manca e cosa serveSe i vantaggi di usare la blockchain nella pubblica amministrazione sono tanti, non pochi sono gli ostacoli per farlo. Soprattutto tecnologici e legali. Dal punto di vista tecnologico, gestire una blockchain comporta un grande dispendio di risorse di calcolo e richiede che i nodi della catena siano sempre online (o quasi). Un eventuale blackout della connessione di un ufficio gestito con una catena di blocchi ne paralizzerebbe l’operato. Dal punto di vista legale c’è il problema, innanzitutto, dell’uniformità: in un mercato unico come quello europeo la legislazione sulla blockchain applicata a qualsiasi cosa sia “pubblico” non può che essere europea: se si vende carne francese in Italia, e se ne garantisce la tracciabilità con un sistema a blocchi, la legge che regola (anche tecnicamente) tale tracciabilità deve essere la stessa nei due paesi. Sono in molti, infine, a dubitare della compatibilità tra la blockchain applicata alla pubblica amministrazione e la più recente normativa europea sulla privacy, cioè il GDPR.Pubblica amministrazione e blockchain: l’incubo dell’errore umanoUltimo problema, ma forse è quello più importante: in una pubblica amministrazione gestita con le catene di blocchi un eventuale errore umano potrebbe avere delle conseguenze catastrofiche. Nella blockchain, infatti, ogni dato è al sicuro da manomissioni. Ma nessuno, neanche la tecnologia, può garantire che quel dato sia corretto. Se un qualunque dipendente pubblico fa un errore compilando un modulo elettronico, allora nasce il problema: il dato non si può cambiare una volta inserito. A meno che non lo si cambi tramite una procedura standard, anch’essa basata su blockchain. E questo, come potete immaginare, in uno scenario reale, in un ufficio pubblico reale, complica notevolmente le cose. 13 giugno 2019
Fonte Fastweb.it