Borse asiatiche in rosso in scia ai
rischi di un allargamento del conflitto tra Israele ed Hamas su
scala regionale e il potenziale coinvolgimento dell’Iran. Tokyo
perde il 2%, Hong Kong lo 0,8%, Shenzhen l’1,2%, Seul lo 0,7%,
Shanghai lo 0,6% e Sydney lo 0,3% nonostante i tentativi della
diplomazia Usa e dei suoi alleati di evitare una escalation in
Medioriente.
L’avversione al rischio premia l’oro, bene rifugio per
eccellenza, che sale dell’1,4% a 1.913 dollari l’oncia, mentre
il petrolio, in calo marginale (-0,2%), difende i forti rialzi
che la scorsa settimana l’hanno portato a infrangere la soglia
dei 90 dollari al barile, con il Wti a 87,5 dollari e il Brent a
90,7 dollari. In rialzo anche i rendimenti dei titoli di Stato
con il Treasury americano che sale di cinque punti base al
4,66%, dopo i forti ribassi della scorsa settimana alimentati
dalle attese per una pausa della Fed e da uno scenario macro e
geopolitico sempre più fosco.
Motivo di preoccupazione per i mercati resta anche la frenata
dell’economia cinese. L’iniezione da parte della Banca centrale
cinese di 289 miliardi di yan con una linea di credito a medio
termine e il mantenimento dei tassi al 2,5% non sono bastati ad
alleviare i timori di uno scenario deflazionistico, a cui
contribuisce la crisi del settore immobiliare mentre gli Usa,
secondo Bloomberg, stringeranno ulteriormente le maglie per
impedire l’accesso di Pechino ai microchip più avanzati.
In questo quadro aumentano i segnali di una pausa della Fed.
Il presidente della Fed di Philadelphia, Patrick Harker, ha
detto che l’inflazione si sta facendo strada e ha ribadito che
preferisce mantenere fermi i tassi di interesse.
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Fonte Ansa.it