Cambiamenti climatici, la tecnologia aiuta a tenere vive le tradizioni delle comunità indigene

La sopravvivenza delle comunità indigene dell’Artico come gli Inuit Nunangat, che abitano nell’estremo nord del Canada, è messa a dura prova dai cambiamenti climatici. Il surriscaldamento e lo scioglimento dei ghiacci artici coglie impreparati gli indigeni, e secondo le stime degli scienziati il ghiaccio marino estivo nell’Artico potrebbe sparire completamente entro il 2040. Le vecchie conoscenze vacillano e l’unico modo per preservare le comunità arriva dall’utilizzo della tecnologia, con sensori in grado di rivelare quando il ghiaccio è sicuro da attraversare e collari GPS per monitorare il pascolo delle renne.

Se gli effetti dei cambiamenti climatici sono considerati qualcosa di lontano per le popolazioni del pianeta, le comunità indigene che vivono nell’Artico sono costrette già a fronteggiarli. Ogni anno il ghiaccio si congela sempre più tardi e anomalie climatiche, come la pioggia a gennaio, rende insicuri gli spostamenti e la caccia. Rex Holwell, originario di quelle terre, è a capo di un’organizzazione no-profit chiamata SmartIce con sede a St. John, Terranova, che costruisce strumenti di adattamento ai cambiamenti climatici, integrando le moderne tecnologie con la misurazione del ghiaccio tradizionale degli Inuit. L’obiettivo è rendere più sicuri i viaggi sul ghiaccio marino nelle regioni Inuit, ma gli strumenti si rivelano efficaci per chiunque debba camminare sul ghiaccio, come anche in Alaska e in Siberia.

Una mappa tecnologica dei sentieri delle balene

Mappare i sentieri delle balene con la tecnologia satellitare offre un duplice beneficio agli abitanti di Utqia?vik, nel distretto di North Slope dell’Alaska dal 2008. Il primo è quello di ottenere informazioni sui sentieri percorsi dai grandi mammiferi, da utilizzare per la stagione della caccia, che è protetta da un regolamento internazionale e gestita dalla Alaska Eskimo Whaling Commission. Il secondo, e forse più importante, è che fornisce indicazioni sullo spessore del ghiaccio marino fissato alla costa.

A realizzare la mappa ormai da qualche anno è Matthew Druckenmiller, ricercatore presso il National Snow and Ice Data Center di Boulder, in Colorado. Le mappe sono state ottenute grazie a un dispositivo palmare GPS per localizzare le posizioni unito a un’apparecchiatura lunga 4 metri che misura lo spessore del ghiaccio. In questo caso, tecnologia e tradizione convivono: Druckenmiller infatti raccoglie dati sui sentieri tracciati dai cacciatori, che si muovono nell’Artico e sondano il ghiaccio utilizzando i loro metodi tradizionali.

Tra le comunità Inuit Nunangat circola un vecchio detto: se colpisci il ghiaccio con un arpione e non passa al primo colpo, ci si può camminare. Se dopo tre colpi non si rompe, va bene per le motoslitte. Se il ghiaccio non si rompe dopo 5 colpi, allora il suo spessore può sopportare qualsiasi cosa.

L’esperienza dei cacciatori si unisce a quella della tecnologia per creare delle mappe che aiutino tutti a percorrere sentieri più sicuri. Il lavoro svolto da Druckenmiller è un progetto che va avanti su base volontaria e senza finanziamenti esterni. Solo le restrizioni imposte dalla diffusione del Covid-19 lo hanno fatto desistere e così a tracciare la mappa è stato un biologo locale insieme ad alcuni cacciatori.

Un’app dedicata agli Inuit: tra mappe e social network

cambiamenti climatici articoLa partecipazione delle comunità indigene ai progetti scientifici e tecnologici ha portato il governo del Nunatsiavut, una regione autonoma del Labrador, a utilizzare i servizi di SmartIce. L’organizzazione no profit oltre a fornire strumenti utili per la vita nell’Artico ha sede a Nain, fornendo così posti di lavoro e istruzione ai giovani delle comunità locali. In particolare, SmartIce ha sviluppato due tipologie di sensori per misurare il ghiaccio.

Il primo è detto SmartBuoy ed è un sensore fisso che misura lo spessore del ghiaccio nel luogo in cui viene posizionato. Il secondo è un radar, chiamato SmartKamotik, che viene trasportato a traino da una motoslitta e usato per misurare lo spessore del ghiaccio marino. Entrambi i dati vengono utilizzati per un altro progetto tecnologico guidato dalla comunità: l’app Siku, che è un mix tra una piattaforma di mappatura e un social network dedicato alle comunità indigene artiche.

La piattaforma offre strumenti e servizi, come le previsioni meteo, i tempi di marea, le previsioni marine e le misure di consistenza del ghiaccio. Inoltre, se qualcuno si avvicina a uno strato di ghiaccio sottile, si riceve un avviso sullo smartphone grazie al segnale GPS attivo. I cacciatori possono poi pubblicare immagini e condividere informazioni tramite l’app. In questo modo la tecnologia diventa uno strumento che affianca le popolazioni indigene per sopravvivere ai cambiamenti climatici nell’Artico.

Fonte Fastweb.it

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