Il processo di urbanizzazione cui si è assistito negli ultimi decenni (in particolare in quei Paesi ad alto tasso di crescita) ha creato una sorta di cortocircuito. Mentre le grandi città, metropoli e megalopoli del mondo consumano l’80% delle risorse disponibili (energia elettrica, gas, acqua e così via), queste occupano appena il 2% della superficie della Terra. Insomma, il consumo (e in alcuni casi l’erosione) delle risorse naturali è estremamente “centralizzato”: si assiste a un costante (quanto apparentemente inarrestabile) impoverimento delle campagne e delle zone più remote del globo terrestre.In questo scenario, l’Internet of things e l’evoluzione delle smart cities giocheranno un ruolo decisivo nella redistribuzione e nell’utilizzo delle risorse naturali: l’efficientamento dei consumi e la revisione dei processi produttivi porteranno a un notevole risparmio energetico e consentiranno di ridurre l’impatto economico ed ecologico delle megalopoli rispetto alle piccole e medie città. La rivoluzione IoT, insomma, potrebbe avere benefici generalizzati e non limitati al solo campo della domotica e dell’automazione domestica. Combinato con il trend delle smart cities, l’Internet delle cose ha tutte le carte in regola per aiutare a salvare l’ambiente: la sua influenza, infatti, ha ormai “contaminato” governi e organizzazioni pubbliche, tanto che gli investimenti hanno da tempo superato la soglia dei 400 miliardi di dollari.Un affare globaleFino a qualche anno fa, lo sviluppo dell’Internet of things era un “affare” per una ristretta cerchie di aziende, nella gran parte dei casi con sede nella Silicon Valley. Oggi, invece, l’IoT è un affare globale, capace di ramificarsi nei settori produttivi più disparati: non è un caso che gli investimenti governativi (di enti pubblici e forze militari, tanto per fare due esempi) siano le principali forme di “sostentamento” della ricerca nel settore degli oggetti connessi.Secondo il report di Gartner del giugno 2016 nel giro di un trienni i fondi che i Governi di tutto il mondo investiranno in questo settore sono destinati a crescere del 10% circa, passando da poco più di 400 miliardi di dollari annui a quasi 500 miliardi. In questo modo, gli enti pubblici sperano di migliorare il sistema dei trasporti, ottenere un maggiore risparmio energetico, offrire servizi avanzati ai cittadini ed elevare gli standard di sicurezza civili (meno incidenti auto, ad esempio) e militari (prevenire attacchi terroristici). Allo stesso tempo, però, anche le aziende sono sempre più interessate all’Internet of things. Sfruttando a dovere le nuove tecnologie, infatti, i produttori saranno in grado di diminuire i costi per la ricerca, ottimizzare i processi di ideazione e sviluppo di nuovi prodotti ed entrare in nuovi mercati spendendo cifre molto più basse.La corsa alle armiVisti i vantaggi dell’IoT (al momento di gran lunga superiori ai problemi e agli svantaggi), si è scatenata una sorta di “corsa alle armi” tra i vari Paesi per aggiudicarsi la palma di nazione più smart. In cima alla lista troviamo la Corea del Sud e l’Olanda che, a modo loro, stanno sviluppando una rete di telecomunicazioni in grado di offrire servizi IoT su larga scala. Nel Paese asiatico è SK Telecom (compagnia telefonica mobile) a occuparsi della creazione di infrastrutture in grado di raggiungere il 99% della popolazione sudcoreana, mentre nei Paesi Bassi è KPN (altra compagnia telefonica) che si sta occupando dello sviluppo infrastrutturale del Paese nordeuropeo. L’impronta tedescaMentre Olanda e Sud Corea sono impegnate sul fronte della “distribuzione”, la Germania si occupa della creazione dei “servizi”. Le industrie del Paese Teutonico, infatti, sono in prima linea nello sviluppo di nuove tecnologie in grado di combinare Internet delle cose e smart city. Conductix-Wampfler, ad esempio, ha sviluppato una tecnologia in grado di ricaricare a distanza autobus elettrici, che potranno così muoversi continuamente senza bisogno di fermarsi per “pit stop” o di essere collegati direttamente alla linea elettrica (con pantografi, ad esempio). Questa tecnologia trova applicazione sperimentale sia nel Regno Unito sia in Italia e si pone l’obiettivo di efficientare il sistema dei trasporti pubblici e di diminuirne l’impatto ecologico. Altre società, invece, sono attive nello sviluppo di sistemi di distribuzione avanzata che favoriscano il commercio. Sfruttando la tecnologia RFID, ad esempio, il gruppo Metro (grandi centri acquisti con punti vendita anche in Italia) e Adler (catena di abbigliamento) vogliono offrire ai loro clienti servizi innovativi in grado di velocizzare le operazioni di acquisto. Non solo: l’introduzione dei tag RFID consentirà una migliore e più efficiente gestione del magazzino, garantendo un notevole risparmio energetico e un miglior approvvigionamento degli articoli in vendita.Il caso SingaporeA Singapore, invece, la commistione tra Internet of Things e tecnologie per la smart city consentirà di controllare in ogni dettaglio (o quasi) la vita dei cittadini. Combinando i dati di vari sensori installati sia in casa sia all’esterno, le autorità dell’isola-Stato sperano di aumentare il tasso di attività dei cittadini (e, magari, invogliarli ad avere figli) e migliorare i servizi offerti al cittadino (città più pulita, traffico senza problemi o gravi incidenti e monitorare i flussi di spostamento nel corso delle ore di punta).Milano e il caso del quartiere dello scalo RomanaAnche l’Italia si iscrive alla corsa verso le smart city con un progetto – finanziato con fondi europei Horizon 2020 – che punta alla riqualificazione del quartire Scalo Romana, periferia sud di Milano. L’obiettivo del progetto, che coinvolge condomini, investitori istituzionali e, ovviamente, l’amministrazione comunale del capoluogo lombardo, è quello di riqualificare un’area ad alta densità abitativa, creando un quartiere smart a basso impatto ecologico. Come? Sfruttando l’Internet of Things e i Big Data, ovviamente.Gran parte del progetto si basa sull’installazione di una fitta rete di sensori che consentiranno di raccogliere informazioni sul territorio, sul traffico e sulla qualità dell’aria. Dall’analisi di questi dati sarà quindi possibile ripensare la mobilità stradale, puntando con forza sul car sharing e in bike sharing. Non mancheranno poi opere di riqualificazione di edifici pubblici e privati: grazie all’utilizzo dell’acqua di falda sarà possibile abbattere i consumi energetici e l’impatto ecologico.Già da tempo, comunque, l’area a sud di Porta Romana è interessata da diverse opere di riqualificazione urbana. Nel 2015 la Fondazione Prada rileva e restaura un’ex distilleria creando uno spazio espositivo moderno e a servizio della città, mentre Fastweb ha intenzione di realizzare qui il suo nuovo quartiere generale. In via Ripamonti, invece, troverà spazio un centro per l’innovazione e per le imprese legate al mondo della tecnologia: dalla domotica alla mobilità sino al risparmio energetico.
Fonte Fastweb.it