Come rendere le auto più sicure

Nonostante le auto di oggi siano molto più sicure di quelle di ieri, soprattutto grazie all’introduzione di soluzioni tecnologiche che ormai assistono nella guida o proteggono in caso di impatto, gli incidenti stradali, anche mortali, sono ancora frequenti. Che cosa ci manca per rendere le auto davvero sicure?

 

Ne abbiamo parlato con Lotta Jakobsson, ingegnere biomeccanico e figura chiave della ricerca sulla sicurezza di Volvo, la casa automobilistica che nel 1959 ha lanciato la cintura di sicurezza a tre punti che, diventata uno standard in tutti i veicoli, in oltre sessant’anni di onorato servizio ha salvato milioni di persone che avrebbero potuto rimanere gravemente ferite o morire in incidenti stradali. 

 

«Si potrebbe pensare che essendoci occupati di sicurezza per tanto tempo tutti i principali problemi siano risolti ma non è così», spiega Jakobsson. «Le cose stanno diventando invece sempre più complicate: anzitutto perché le auto sono sempre più automatizzate e questo pone problemi relativi al traffico. Inoltre per quanto riguarda la protezione delle persone all’interno dell’abitacolo, la questione si complica per l’avvio della mobilità condivisa: le persone non usano più soltanto la propria auto, ma veicoli di vario tipo, tra cui taxi, auto in car pooling, car sharing e così via. E così ad esempio emergono nuovi problemi, come quello della sicurezza dei bambini, perché dobbiamo iniziare a pensare se le persone porteranno con sé il seggiolino da un’auto all’altra o se sarà necessario trovare soluzioni integrate».

Lotta Jakobsson, l’ingegnere biomeccanico che guida la ricerca sulla sicurezza di Volvo, con un “collega” di lavoro. |

Il motivo di una chiacchierata con l’esperta di Volvo sta nel fatto che la sicurezza è strettamente legata all’evoluzione dell’auto, e i problemi di ieri non sono quelli di oggi e domani. Ad esempio l’introduzione di dispositivi elettronici quali tablet e smartphone in auto ha portato nuove sfide. «La recente dei device in auto ha cambiato la postura in auto – spiega Jakobsson –  perché le persone spesso hanno il collo e la testa piegati in avanti, e questo ad esempio rende più critici gli impatti posteriori. Perciò il nostro scopo è adeguarci all’evoluzione dell’auto e dei comportamenti che essa comporta». 

 

Si può pensare che la sicurezza dell’auto possa essere personalizzata su misura dei guidatori e passeggeri?

Siamo consapevoli che tutte le persone sono diverse e il modo in cui abbiamo lavorato in questi anni è di vedere quali sono le conseguenze della sicurezza sulle persone reali nel traffico reale. Studiamo le differenze di genere, età, stazza e quando progettiamo un’auto cerchiamo di adattare il design alle persone. Ad esempio l’airbag laterale anziché essere nella porta è stato posto sul sedile per proteggere le persone a seconda di dove viene posizionato lo stesso in base all’altezza di chi si siede. Ma abbiamo condotto ricerche che riguardano anche la sicurezza di chi si trova all’esterno di un’auto: con la concept car 360c abbiamo cercato di capire come un’auto può comunicare attraverso suoni diversi ad esempio che è in movimento. Questo tipo di esperimenti permette di progettare in base alle reazioni umane, invece che imporre un design cui le persone devono adattarsi anche se non è intuitivo. 

 

In che modo la tecnologia potrà contribuire ad aumentare la sicurezza?

In molti modi. Un campo tutto da esplorare è quello dell’intelligenza artificiale. Ma anche la connettività e la comunicazione tra veicoli sta diventando sempre più essenziale. Ad esempio abbiamo sviluppato un sistema che permette di rilevare all’auto il fondo scivoloso e di comunicarlo a tutti gli altri automobilisti che si apprestano ad affrontare la stessa strada. Questo esempio rappresenta soltanto l’inizio di un nuovo modo di migliorare la sicurezza.

 

Di recente Volvo ha introdotto per le sue auto il limite massimo di velocità di 180 km all’ora. Questa decisione non rischia di andare contro chi considera l’auto uno strumento di libertà?

A parte che nessuno può andare mai neanche a 180 km l’ora, quel limite è importante perché segnala un’esigenza: quello di trovare la velocità adatta al luogo in cui si guida. Oggi ci sono tecnologie che comunicano con l’ambiente circostante e con gli altri veicoli e permettono di adattare la velocità alle circostanze. Credo che l’unico modo di ragionare possibile sia che l’unico modo di essere liberi in auto è di farlo in sicurezza. Noi non vogliamo educare le persone ma aiutarle. E questo è molto apprezzato, perché già l’auto interviene autonomamente ad esempio anticipando la frenata in caso di pericolo o attivando l’airbag quando necessario. La stessa cosa si può ipotizzare nel caso di limitare la velocità se l’auto rileva che il guidatore non è in condizioni ottimali. 

 

Secondo lei a quale sistema di sicurezza tecnologico non bisognerebbe mai rinunciare?

Io apprezzo l’Adaptive Cruise Control che mi aiuta a tenere la distanza dall’auto davanti a me e a mantenere una certa velocità costante: è il sistema che uso di più, e prima di usarlo non mi rendevo conto di quanto fosse utile. Dalle nostre ricerche abbiamo scoperto che quando le persone lo usano mantengono una distanza dal veicolo che le precede maggiore di quella che mantengono quando non lo utilizzano.

Fonte Focus.it

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