Con la pandemia di Covid-19 che ha raggiunto ormai tutto il pianeta, in diversi paesi sono state già adottate le app per il contact tracing, che anche l’Italia dovrebbe lanciare a breve. Se ci si può aspettare la bocciatura dal punto di vista del trattamento dei dati per quelle di regimi autoritari come Cina o Iran, il monitoraggio messo in piedi dal Mit di Boston, pubblicato sul sito, dà giudizi negativi anche sui sistemi di paesi europei come Francia o Irlanda. Tra i promossi invece, oltre alle app dei paesi del nord Europa, c’è anche Immuni, il sistema allo studio in Italia.
Per giudicare le varie app sono stati utilizzati cinque criteri: la volontarietà nell’adozione, le limitazioni messe ad un utilizzo improprio dei dati, la presenza di politiche per la distruzione dei dati, la quantità dei dati immagazzinati, e se sono o no quelli strettamente necessari, e infine la trasparenza della gestione. Per ogni criterio ‘superato’ dalla app è stata assegnata una stella. Le peggiori applicazioni risultate dal primo screening appartengono, come ci si poteva aspettare, a regimi totalitari, ma non solo. Se la Cina è l’unica che ha zero stelle, e l’Iran e la Turchia ne hanno una sola, una sonora bocciatura è arrivata anche per quella francese, quella irlandese, entrambe con una sola stessa relativa alla volontarietà nell’adozione.
I primi della classe, secondo l’analisi del Mit, sono gli australiani, gli austriaci, gli islandesi, i norvegesi e gli abitanti della Repubblica Ceca, le cui app ha ottenuto il punteggio massimo. L’analisi ha censito anche la app Immuni, che però è ancora in sviluppo, che secondo le informazioni rese note fin qui otterrebbe quattro stelle su cinque, con l’unica mancante che riguarda la politica di distruzione dei dati. “Ci sono opinioni differenti su se queste app sono solo un sogno tecnocratico o, se usate correttamente, possano aiutare il contact tracing ‘umano’, in cui le persone positive vengono intervistate da operatori per trovare i contatti recenti. Ma la realtà è che questi servizi in molti casi sono già attivi, e molti altri arriveranno nei prossimi mesi”.
In generale Dall’analisi delle prime 25 app prese in esame emergono grandi differenze, spiegano gli esperti. “Non c’è un approccio standard – spiegano – da parte dei politici e degli sviluppatori: cittadini di paesi diversi vedono livelli molto diversi di sorveglianza e trasparenza. Alcune sono prodotte da piccole realtà, altre si appoggiano a grandi compagnie”.
Fonte Ansa.it