Cos’e’ la velocità o frequenza di Clock di un processore

Nel mondo dell’elettronica i numeri contano, anche molto, e uno dei numeri più usati (e ultimamente abusati) è quello che descrive la frequenza di clock di un processore. Un tempo si misurava soprattutto in Megahertz (MHz) mentre oggi si misura spesso in Gigahertz (GHz).

Per la precisione, la frequenza di clock di un processore si misura in GHz dal 6 marzo 2000, giorno in cui AMD presentò la prima CPU consumer della storia con una frequenza da 1.000 MHz. Si trattava dell’AMD Athlon con core K75 e rappresentò, per AMD, un traguardo storico: Intel, diretta concorrente e leader del mercato delle CPU, presentò il Pentium III da 1 GHz solo due giorni dopo, l’8 marzo del 2000.

Oggi i processori di Intel e AMD arrivano anche a 4 o addirittura 5 GHz di “frequenza di clock”, ma nessuno ci fa più molto caso perché, a dire il vero, la frequenza ha smesso di essere l’unità di misura delle prestazioni di una CPU. Per capire perché, però, dobbiamo prima sapere cosa è il clock di un processore e tornare un po’ indietro nel tempo.

Frequenza di clock, cosa vuol dire

I processori, non solo le CPU ma anche le GPU e i SoC dei dispositivi mobile, non fanno altro che elaborare set di istruzioni accendendo e spegnendo i transistor di cui sono composti, per alternare gli “0” e “1” logici sui quali si basa tutta la nostra vita digitale. Lo fanno miliardi di volte al secondo, sincronizzandosi con un’onda di frequenza che, come un metronomo, scandisce i tempi di elaborazione.

Ogni passaggio da acceso a spento, da 0 a 1, è un ciclo, e il numero totale di cicli in un secondo è proprio la “frequenza di clock”, che si esprime in hertz (valore che misura il numero di “eventi” che si verificano nell’unità di tempo, solitamente il secondo) e in multipli di hertz. Come il Megahertz (1.000.000 di hertz) e il Gigahertz (1.000.000.000 di hertz). Una CPU da 1 GHz, quindi, è in grado di accendere e spegnere i suoi transistor un miliardo di volte al secondo.

Da ciò dovrebbe essere già chiaro perché, a cavallo tra gli anni novanta e i primi duemila, abbiamo assistito alla corsa sfrenata all’ultimo ciclo di clock: più è alta la frequenza e più informazioni una CPU può elaborare in un secondo. Questo almeno in teoria, perché poi la storia è andata in modo molto diverso.

Non tutti i GHz sono uguali

cpu

I microprocessori AMD Athlon e Intel Pentium III erano tutto sommato simili tra loro: avevano più o meno la stessa architettura e processi produttivi identici per raffinatezza: 180 nm (nanometri, valore indicatore della densità dei transistor presenti e quindi della potenza di calcolo del processore). Metterli sullo stesso piano e dire che uno era più veloce dell’altro solo perché “aveva più MHz” era una semplificazione, ma non del tutto sbagliata.

I benchmark e l’uso quotidiano, d’altronde, davano ragione a tale semplificazione e l’acquirente di un PC sapeva che se spendeva di più per una CPU con frequenza di clock superiore, il suo computer poi andava effettivamente “più forte”. Un ragionamento abbastanza grezzo, da officina di motorini truccati, ma che funzionava alla grande.

Ma non è durato a lungo, perché il traguardo del GHz coincise anche con i limiti tecnici di quelle due architetture, così simili tra loro, e ben presto sia AMD che Intel iniziarono a cambiare la struttura interna dei loro processori per poter salire ulteriormente di clock. A questo punto, però, succede qualcosa: un GHz non è più uguale all’altro, due processori diversi, a parità di clock, iniziano ad avere prestazioni anche molto diverse.

Non fu l’inizio di un bel momento per AMD che, dopo aver raggiunto per prima il traguardo del Gigahertz, non riuscì più a stare dietro alle evoluzioni dell’architettura dei processori Intel che invece, a parità di GHz, andavano più forte. Per restare nell’officina dei motorini: Intel era passata al quattro cilindri, AMD era rimasta al due. Il primo “quattro cilindri” di Intel è stato il processore Core 2 Duo, lanciato nel 2006.

Solo recentemente AMD, con l’architettura Zen 2 dei suoi processori Ryzen lanciata a metà 2019, è tornata competitiva e può di nuovo dire la sua nel mondo dei microprocessori generalisti per PC anche se Intel, con l’undicesima generazione dell’architettura Core (Tiger Lake) sembrerebbe in grado di riprendersi la supremazia tecnologica.

Come calcolare la velocità di una CPU

dissipatore cpu

Sebbene entrambe le recenti architetture riescano a sfiorare, o addirittura superare, i 5 GHz di frequenza massima i nuovi processori di Intel e AMD sono ormai completamente diversi tra loro e offrono prestazioni difficili da paragonare. Questo perché non tutte le istruzioni da eseguire sono uguali e non tutti i processori le eseguono in egual modo: ci sono CPU più performanti in certi compiti che, però, soccombono in altri.

Oggi scegliere un processore solo in base alla sua frequenza massima di lavoro, quindi, è semplicemente un errore: l’acquirente di un PC non può più essere sicuro di cosa sta comprando, come lo era nei primi anni del nuovo millennio. Anche perché, da quando i PC sono diventati piccoli, leggeri e trasportabili (cioè da quando c’è stato il boom dei laptop, a scapito dei desktop), non è più neanche sicuro che due computer con la stessa identica CPU abbiano le stesse performance.

Questo perché la velocità di clock ormai è dinamica: c’è una “base clock” e un “boost clock”: la frequenza, cioè, viene incrementata o diminuita in base alle esigenze di calcolo per consumare (e riscaldare) di meno. E qui entra in gioco un altro fattore, ormai importante tanto quanto il clock: il TDP, Thermal Design Point.

Misurato in Watt, il TDP indica il calore massimo che un processore deve smaltire quando è alla frequenza di boost per un tempo prolungato. Ma, indirettamente, indica anche quanto calore può reggere quella CPU prima di avere seri problemi di funzionamento. Su un laptop, dove lo spazio è poco e i sistemi di dissipazione sono piccoli, gestire il TDP non è affatto facile.

Quando un processore si avvicina ai suoi limiti termici, però, attiva il cosiddetto “thermal throttling” per riportarsi a temperature sicure. In pratica abbassa la sua frequenza di clock per diminuire i consumi elettrici e, quindi, il calore generato. Ciò vuol dire che un processore, con un determinato TDP, su un laptop ingegnerizzato bene potrà reggere più a lungo la frequenza massima rispetto allo stesso processore montato su un laptop che non riesce ad espellere abbastanza calore.

La stessa CPU, quindi, su due computer diversi potrebbe avere velocità reali diverse a seconda delle condizioni “di contorno” in cui è chiamata ad operare. L’epoca dei motorini truccati è finita da un pezzo: ormai siamo in MotoGP.

Fonte Fastweb.it

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