Cyberbullismo è un termine coniato negli ultimi anni, che però si lega a fenomeni molto più antichi rispetto a Internet. Si può parlare di cyberbullismo ogni qualvolta un utente ricorra alla rete per offendere, deridere, emarginare o magari minacciare una vittima incolpevole.
Le varie forme di bullismo online presentano delle caratteristiche specifiche che le distinguono dai soprusi più tradizionali. Ad esempio le offese in rete non conoscono limiti di tempo o di spazio. Per non parlare poi del fatto che a volte un post si trasforma in una sorta di traccia indelebile sul web.
Inoltre i cyberbulli operano sotto una specie di illusione di anonimato e di onnipotenza. Si nascondono dietro nomi falsi, sentendosi autorizzati ad assumere comportamenti che non oserebbero mai perpetrare nella vita al di fuori dello schermo.
A ciò si aggiunga che spesso questi “leoni da tastiera” non conoscono le loro vittime. Un presupposto che, purtroppo, li porta a non rendersi conto davvero della gravità delle proprie azioni.
Una volta capito cos’è il cyberbullismo in linea generale, è possibile addentrarsi nelle varie categorie di comportamenti violenti tipici della rete. Dal flaming al cyberstalking, dalla minaccia all’emarginazione online, fino ad arrivare ai furti di identità.
Infine le diverse modalità di doxing: la diffusione di materiale sensibile effettuata senza il consenso dei diretti interessati. Ad esempio il revenge porn: una forma di doxing che coinvolge contenuti espliciti e che non va confusa con il sexting.
I luoghi del cyberbullismo sono molteplici: i social network, i servizi di messaggistica istantanea, i vecchi SMS. E poi i videogiochi: oggi il mondo del gaming viene considerato ad altissimo rischio.
I videogiochi più famosi possono vantare comunità di giocatori da decine di milioni di persone. In molti casi però proprio i giochi più popolari vengono colpiti da percentuali preoccupanti di gamer tossici.
I gamer tossici sono giocatori che assumono comportamenti molto simili a quelli del cyberbullismo: come loro maltrattano gli altri utenti, come loro spesso si nascondono dietro identità fittizie.
In tutti i casi analizzati fin qui, la migliore difesa dal cyberbullismo consiste nel dialogo. Confessare gli abusi subiti è il primo passo per farsi aiutare e lo stesso discorso vale per i bulli. Esistono diverse realtà che offrono sostegno sia alle vittime che ai carnefici.
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0. Cos’è il cyberbullismo
Stando alla dicitura ufficiale del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (Miur) italiano, il cyberbullismo è la manifestazione sul web del più ampio fenomeno del bullismo. Quando si parla di bullismo si fa riferimento a tutta una serie di azioni di natura violenta o intimidatoria.
Il bullo o i bulli sono coloro che esercitano le azioni violente su una o più vittime. Può trattarsi tanto di molestie di natura verbale, quanto di aggressioni fisiche. Fino a qualche tempo fa, il fenomeno del bullismo veniva circoscritto soprattutto all’ambiente scolastico.
Oggi la diffusione capillare di tecnologie e il ruolo preponderante assunto ad Internet nella vita degli adolescenti hanno cambiato il panorama. In questo momento storico l’azione violenta, intimidatoria o persecutoria può venire perpetrata attraverso la rete.
In questo modo è potenzialmente in grado di materializzarsi nella vita della vittima in qualsiasi momento del giorno o della notte, a prescindere dal luogo in cui ci si trova.
Il cyberbullismo prevede azioni violente su delle vittime incolpevoli attraverso la rete. Si parla di cybermolestia nel caso in cui il fenomeno coinvolga persone adulte
Questi presupposti aiutano a capire come si sia arrivati alla definizione dicyberbullismo: un termine ideato da un docente canadese di nome Bill Belsey. In inglese è opportuno sottolineare la differenza esistente tra il termine cyberbulling (cyberbullismo) e cyberharassment, traducibile in italiano come cybermolestia.
Secondo i giuristi di lingua inglese, si può parlare di cyberbulling nel caso in cui sia il carnefice che la vittima siano minorenni: questo a prescindere dal tipo di azione violenta che caratterizza il singolo caso. Si parla invece di cyberharassment nel caso in cui il bullismo online avvenga tra adulti, o anche tra adulti e minorenni.
In Italia una condotta di cyberbullismo diventa reato nel momento in cui comporti una violazione del codice civile, del codice penale o del codice della privacy. Esistono diverse leggi e direttive ministeriali che spiegano in maniera chiara le linee guida da seguire in termini di prevenzione e di contrasto sia al bullismo che del cyberbullismo.
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1. Cosa cambia tra bullismo e cyberbullismo
Tendenzialmente il cyberbullismo viene considerato come un’azione di bullismo online. Esistono delle differenze più o meno sostanziali tra il bullismo “classico” e quello applicato sul web. La prima è il superamento del contesto scolastico: il cyberbullismo infatti può coinvolgere persone di tutto il mondo e non necessita che il carnefice conosca la vittima.
La seconda differenza è già stata accennata in precedenza ed è la totale assenza di limiti di natura spaziale o temporale. A ciò va aggiunto che molte azioni di cyberbullismo non si esauriscono una volta perpetrate. Basti pensare a un post su un social di natura infamante: una volta pubblicato, può essere letto anche nei giorni, nelle settimane o nei mesi a seguire, a patto che non ci sia un intervento di rimozione.
La terza caratteristica sostanziale del bullismo online è la difficoltà nell’individuare i colpevoli. I violenti del web spesso si nascondono sotto account anonimi, o magari pubblicano su forum, chat e canali privati. Inoltre, è sufficiente che il bullo nasconda la propria identità dietro un profilo con informazioni fasulle, per impedire alla vittima di identificarlo al momento dell’attacco.
Tutti gli aspetti di cui sopra hanno portato diversi esperti del settore a parlare di un indebolimento delle remore di natura etica nei colpevoli di cyberbullismo. Stando alle note del Miur il filtro di Internet impedisce al bullo di rendersi davvero conto degli effetti delle sue azioni.
La percezione di invisibilità garantita da certi usi del web, può portare il bullo a sviluppare una sorta di sensazione di onnipotenza. Accade spesso, sottolinea il Miur, che le vittime di bullismo tradizionalesi trasformino a loro volta in cyberbulli. In questi casi si assiste a una sorta di sdoppiamento della personalità: la persona fisica subisce, mentre quella virtuale sfoga tutta la frustrazione accumulata su altre vittime.
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2. Tipologie e categorie di cyberbullismo
Il filo che lega il bullismo tradizionale al cyberbullismo è la volontà di aggredire o di prendere di mira una persona considerata diversa. In entrambi i casi l’azione violenta finisce per colpire vittime ritenute non in linea con uno standard (totalmente inventato).
Il risultato è che spesso a subire azioni di bullismo online sono persone con un aspetto estetico, un orientamento sessuale, delle idee politiche o magari anche soltanto dei comportamenti che possono sembrare non convenzionali.
Le sensazioni di irrintracciabilità e deresponsabilizzazione descritte nei capoversi precedenti rendono poi facilissimo attaccare chi viene percepito come più debole o diverso. Questo è il classico comportamento dei cosiddetti leoni da tastiera: un adattamento italiano del termine inglese keyboard warriors (letteralmente “guerrieri da tastiera”).
I leoni da tastiera insultano, screditano e a volte arrivano persino a minacciare gli altri utenti. Assumono comportamenti che difficilmente riuscirebbero a sostenere in situazioni faccia a faccia. Allo stesso tempo, va sottolineato come anche lo stesso termine “leone da tastiera” possa essere considerato dispregiativo e scorretto. Si tratta infatti di una dicitura tipica del gergo di internet, che viene utilizzata con l’obiettivo dichiarato di offendere qualcuno.
Un discorso simile riguarda gli haters: un’altra parola inglese, che viene usata per descrivere gli “odiatori seriali” del web. Anche gli haters sono utenti aggressivi, che approfittano dell’anonimato per esprimersi in maniera violenta.
I leoni da tastiera sono coloro che offendono tramite Internet, ma che difficilmente riuscirebbero a fare altrettanto dal vivo
Le modalità di attacco di bulli, leoni da tastiera e haters sono molteplici. Non a caso l’intero fenomeno del cyberbullismo viene spesso diviso in categorie e tipologie ben distinte.
Ad esempio, è possibile parlare di flame o di flaming nel caso in cui un messaggio violento venga inviato con l’obiettivo di generare una discussione accesa. Ci sono poi le varie forme di molestia, offesa o denigrazione. In queste categorie rientrano tutti quei messaggi che danneggiano deliberatamente qualcuno attraverso la rete.
A volte il bullismo online si manifesta tramite forme di emarginazione digitale. Le vittime vengono escluse da gruppi sociali, perdendo la possibilità di mantenere relazioni appaganti.
In altri casi il cyberbullismo è molto più vicino a reati perpetrati anche fuori la rete. È il caso delle sostituzioni di persona, dei furti di identità e delle varie modalità di cyberstalking: un termine utilizzato per descrivere numerose attività persecutorie perpetrate tramite la rete.
Un discorso a parte lo merita il cosiddetto doxing, ovvero la diffusione via Internet di informazioni sensibili con intento dichiaratamente malevolo. Un valido esempio di doxing è il revenge porn.
Per approfondimento: Leoni da tastiera, chi sono e come difendersi
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3. Cyberbullismo su social network e chat
Secondo alcune stime il cyberbullismo rappresenta più del 30% di tutto ciò che può essere considerato bullismo. I dati, in alcuni paesi stranieri, sono davvero preoccupanti: secondo quanto riportato dal libro “Bullismo & Co” più di un ragazzo inglese su quattro è stato minacciato almeno una volta tramite SMS o email.
Anche in Italia il fenomeno del bullismo online ha assunto dimensioni pericolose. Secondo una recente indagine sulle condizioni dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro paese, circa un quinto degli intervistati ha avuto a vissuto in prima persona disagi sul web.
C’è chi si è ritrovato a fare i conti con informazioni false sulla propria persona, così come c’è chi ha ricevuto messaggi offensivi o minacciosi. Allo stesso modo c’è chi è stato emarginato intenzionalmente da gruppi online, così come c’è chi ha visto diffondere pubblicamente immagini o contenuti privati.
Il mondo dei social network è sicuramente un ricettacolo di cyberbullismo. Basti pensare all’attività degli haters nei confronti di personaggi più o meno esposti. Ma anche a tutta quella serie di attacchi che possono venire perpetrati impedendo possibilità di replica alla vittima.
È sufficiente creare un profilo fasullo per potere iniziare a insultare più o meno pesantemente sia un conoscente che un perfetto estraneo. Inoltre basta bloccare la vittima che si intende offendere per impedirle, almeno in un primo momento, anche di essere consapevole dell’attacco in corso.
Da questo punto di vista l’attività di cyberbullismo che si svolge all’interno di chat private e servizi di messaggistica istantanea è, se possibile, ancora più pericolosa. Si pensi in tal senso a Telegram, un’app su cui è davvero molto semplice rendersi praticamente invisibili.
Su Telegram le persone possono oscurare il proprio numero di telefono, la propria foto profilo e le info relative agli orari di accesso. Per non parlare poi dei BOT che permettono agli utenti di operare in forma quasi completamente anonima.
Non a caso proprio le chat private dei servizi di messaggistica vengono spesso utilizzate per perpetrare forme di bullismo online, se non veri e propri reati. Dal doxting al revenge porn, passando per l’uso di un linguaggio violento o per le minacce esplicite.
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4. Cyberbullismo e videogame
Per raccontare cos’è il cyberbullismo oggi è necessario parlare anche di videogiochi: più precisamente di gaming e delle community legate ai titoli più in voga del momento. Purtroppo infatti diverse tipologie di reato virtuale hanno da tempo preso di mira i videogame.
D’altronde il gaming, specie quello online, è un settore in crescita continua. Il solo mercato mobile viene valutato quasi 150 miliardi di dollari e sembra destinato ad aumentare del 10% annuo nei prossimi 3 anni.
In Italia il mercato del gaming online vale quasi 2 miliardi di dollari e quasi il 25% dei giocatori utilizza principalmente uno smartphone. Sempre nel nostro paese, nel 2021 venivano stimati più di 15 milioni di videogiocatori, ovvero circa il 35% dei cittadini totali.
In altre parole il mondo del gaming rappresenta un valido spaccato del Paese. Dunque non sorprende che anche le community di videogiocatori abbiano a che fare con tutte le storture tipiche della società.
Il settore videoludico parla da tempo di gamer tossici: utenti che si rendono protagonisti di comportamenti negativi di varia natura. I gamer tossici possono essere dei semplici provocatori, così come possono rendersi colpevoli di reati veri e propri. In entrambi i casi il loro scopo è sempre lo stesso: generare frustrazione nel prossimo, specie nel caso in cui appartenga a una minoranza o a una categoria percepita come debole.
Il mondo del gaming coinvolge più di 15 milioni di persone soltanto in Italia. È un settore un settore ad alto rischio cyberbullismo
I gamer tossici spesso assumono i comportamenti tipici del cyberbullo: offendono altri utenti, li denigrano, li isolano. In molti casi più è famoso il videogame di riferimento, più è ampia la community e maggiore è la possibilità di imbattersi in fenomeni di bullismo online.
La rivista TheGamer ha commissionato uno studio nel 2021 che ha intercettato quasi 14 milioni videogiocatori vittime di abusi. Un totale di oltre il 60% degli intervistati, che dichiarava di essere stato spesso attaccato durante una sessione di gioco.
Da qualche anno a questa parte Fortnite è uno dei videogame a maggior rischio cyberbullismo. D’altronde il titolo di Epic Games raggiunge ogni giorno decine di milioni di persone, che spesso si ritrovano a giocare tutte insieme. Da questo punto di vista il record della passata stagione ha visto online un totale di 13,2 milioni di utenti connessi nello stesso momento.
Sono considerati potenzialmente pericolosi anche Valorant, Call of Duty, Dota 2, PlayerUnknown’s Battlegrounds e League of Legends. In tutti questi casi si fa riferimento a community composte da milioni di giocatori, contenenti una percentuale di utenti tossici che oscilla tra il 35 e il 45%.
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5. Bullismo online, sexting e revenge porn
Il revenge porn è una forma di condivisione di immagini o di video intimi che viene effettuata senza avere il consenso dei protagonisti. Si parla di revenge porn nel caso in cui la diffusione di questo genere di contenuti venga effettuata con una specifica finalità di rivalsa o, per l’appunto, vendetta (revenge).
Il fenomeno della condivisione senza consenso di materiale pornografico è però molto più ampio rispetto ai limiti concettuali del revenge porn. Per questo spesso si parla in termini più generali di NCP, ovvero di Non Consensual Pornography (Pornografia Non Consensuale).
In Italia il revenge porn è un reato a tutti gli effetti. L’articolo 10 della legge n. 69 datata 19 luglio 2019 ha infatti chiarito l’illegalità di tutti i fenomeni di diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti.
Il revenge porn non va però confuso con il sexting: una pratica che può coinvolgere contenuti catalogabili come pornografici, ma che non necessariamente prevede reati di sorta.
Il sexting prevede l’invio di messaggi, immagini o video espliciti attraverso Internet. Si tratta di un termine coniato per la prima volta nel 2005. Il sexting è divenuto noto al grande pubblico anche grazie ascandali sessuali che hanno coinvolto personalità pubbliche: ad esempio il politico Anthony Weiner o il giocatore di baseball Alexander Rodriguez.
Il sexting consensuale non è considerato reato, a patto che non coinvolga minorenni. In Italia infatti possedere, produrre o inviare materiale a sfondo sessuale che vede coinvolti minori di 18 anni è illegale.
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6. Come difendersi dal cyberbullismo
Non esiste un’unica regola o trucco che permetta di difendersi automaticamente da ogni forma di cyberbullismo. Piuttosto è possibile attivare tutta una serie di comportamenti utili a prevenire il fenomeno e, in caso di bisogno, a bloccarlo.
Nel caso in cui ci si ritenga vittima di bullismo online, di revenge porn o di qualsiasi altro tipo di reato legato a Internet, è possibile chiedere aiuto. In Italia ad esempio esiste il CNAC, ovvero il centro nazionale anti-cyberbullismo.
Il CNAC offre un primo consulto legale gratuito alle vittime di abusi online e offre sostegno anchea coloro che si siano resi responsabili di un’azione di cyberbullismo e non sappiano come rimediare.
Esistono poi dei consigli più generali, utili soprattutto a chiunque sia preoccupato per utenti di giovane o giovanissima età: dagli insegnanti ai genitori. In entrambi i casi il primo suggerimento consiste nel monitorare l’attività in rete del minore, facendo attenzione a non invadere eccessivamente la sua legittima privacy.
Dopodiché è fondamentale imparare ad ascoltare, dando il giusto peso a qualunque segnale di stress o di nervosismo. In molti casi infatti i più piccoli fanno fatica a parlare direttamente degli abusi subiti.
Sia le vittime che gli artefici di bullismo online possono chiedere aiuto al CNAC, il centro nazionale anti-cyberbullismo
Imparare a individuare il loro disagio è un primo passo fondamentale. Dopodiché sarà opportuno creare delle occasioni di dialogo e di confronto, tramite cui individuare le ragioni del malessere. A questo punto, qualora si tratti di una forma di cyberbullismo, sarà finalmente possibile intervenire.
Infine è sicuramente utile citare i numerosi metodi che permettono di filtrare i contenuti a disposizione di un minore sul web. Si pensi in tal senso alle varie soluzioni che consentono di applicare diverse forme di parental control.
Esistono programmi che bloccano contenuti potenzialmente pericolosi, come ad esempio quelli pornografici. Allo stesso tempo esistono software capaci di limitare la permanenza di un minore sui dispositivi specifici: dalle console agli smartphone, passando per il televisore.
Va però sottolineato che questo genere di limitazioni non bastano quasi mai a tutelare una persona dal cyberbullismo. Nessun genitore infatti ha davvero modo di controllare l’attività sul web di un figlio a 360°. Proprio per questo la cosa più importante da fare è mostrarsi sempre disponibili al dialogo e alla comprensione.
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Fonte Fastweb.it