Un calamaio in ceramica a vernice
nera meravigliosamente integro, alcuni stili per scrivere sulle
tavolette cerate e un frammento di una bambola di ceramica
appartenuta a una bimba di epoca romano-repubblicana. Sono i
reperti emersi dagli scavi di una domus aristocratica distrutta
da un incendio verso il 50 a.C. rinvenuta nel Parco archeologico
di Baratti e Populonia, che ci raccontano la storia di
Ledeltius, schiavo che riuscì a riconquistare la libertà. A
spiegarlo in anteprima all’ANSA Stefano Camporeale, docente del
dipartimento di Scienze Classiche e Beni Culturali
dell’università di Siena e Marta Coccoluto, responsabile del
Parco.
Ledeltius fu un contabile di un personaggio politico di primo
piano della Populonia di epoca romano-repubblicana, suo dominus
(padrone). Il suo nome – la lettera L (molto probabilmente
abbreviazione di Lucius, molto diffuso) e la lettera T (la
lettera iniziale di un gentilizio ancora non identificato) e
Ledeltius, appunto il suo nome greco latinizzato. – è inciso sul
calamaio in ceramica a vernice nera trovato durante gli scavi
negli ambienti della parte privata della domus del Parco di
Baratti e Populonia. Fu probabilmente anche pedagogo per i figli
del padrone di casa, tra i quali c’era certamente la bambina a
cui apparteneva la bambola il cui frammento è stato ritrovato
dai team di ricerca di Camporeale e di Niccolò Mugnai della
Faculty of Classics della University of Oxford.
“Non sappiamo dove sia nato Ledeltius – dicono gli esperti – ma
è molto probabile che sia passato dal grande mercato degli
schiavi dell’Egeo, dove le persone cadute in schiavitù
ricevevano un nuovo nome, greco, poi in qualche modo è arrivato
in Italia e a Populonia, sempre in stato servile. Non abbiamo
certezza che il nostro schiavo fu acquistato perché istruito e
acculturato, ma è molto probabile, dato che una figura di
contabile, nonché di maestro e precettore, era strettamente
necessaria alla vita della casa, intesa come il luogo per
l’esercizio del potere clientelare del suo proprietario”.
A Ledeltius era probabilmente affidata la redazione dei
documenti ufficiali e dei contratti, la gestione dei conti e
tutto quel che riguardava gli affari del padrone di casa. Su chi
fosse questo proprietario illustre la ricerca sul campo ha
aperto alcune ipotesi ancora da confermare: “potrebbe essere
stato un magistrato, sicuramente il più importante di Populonia,
nel I secolo a.C. municipio romano, e anche tra i più eminenti
dell’Etruria romana, a giudicare dalla grande e lussuosa dimora
dove risiedeva, dotata anche di una piccola terma privata”.
la casa, infatti, fu distrutta da un incendio intorno al 50
a.C., nell’epoca delle guerre civili che caratterizzò il periodo
finale della Repubblica romana. Ancora non si sa con precisione
quale fu la causa dell’incendio, ma tutta la casa crollò e non
fu più ricostruita.
“Nella lussuosa casa aristocratica di Populonia – spiega
Camporeale – sono stati trovati contesti di eccezionale
importanza e in questi giorni (lo scavo si concluderà il 19
luglio) altri reperti straordinari sono in attesa di essere
recuperati. La domus fu distrutta da un incendio intorno al 50
a.C., nell’epoca delle guerre civili che caratterizzò il periodo
finale della Repubblica romana. Ancora non si sa con precisione
quale fu la causa dell’incendio: la casa fu abbandonata in tutta
fretta dal proprietario e dalla sua famiglia, comprendente anche
servi e liberti, crollò e non fu più ricostruita. Una rara
occasione per gli archeologi perché, come a Pompei o Ercolano,
la vita qui si fermò improvvisamente e pertanto tutto il
contenuto della domus si trova ancora lì, in attesa di essere
scoperto. Quanto sta venendo alla luce sono proprio le tracce
della vita quotidiana nella casa, dal momento che le stanze che
gli archeologi stanno scavando corrispondono alle aree di
servizio, dove si trovavano le cucine e le dispense. Una miriade
di oggetti sta pian piano rivelando tutte le attività che qui si
svolgevano: si tratta soprattutto di reperti in ceramica e in
metallo che si sono conservati in maniera straordinaria sotto le
ceneri del fuoco”.
Sono stati recuperati attrezzi per la cucina e il camino,
porzioni di mobili come chiodi e cerniere, ceramiche per la
tavola e per la dispensa, pezzi di giocattoli in terracotta,
lampade in ceramica, pedine da gioco, chiavi e serrature, e
tutto quello che era in uso in una casa. La parte più ricca
della dimora, quella dove il padrone accoglieva i suoi ospiti,
ha rivelato grandi stanze con pavimenti a mosaico, le terme
private e le sale per il banchetto.
Lo scavo è aperto al pubblico e i reperti saranno mostrati in
anteprima in occasione degli appuntamenti “Gli archeologi
raccontano”, stasera giovedì 11 e ancora giovedì 18 luglio, alle
ore 18 all’acropoli di Populonia. L’area di scavo è lungo il
percorso di visita del Parco, aperto tutti i giorni in luglio e
agosto e gestito dalla Parchi Val di Cornia Spa grazie a un
accordo di Valorizzazione fra Ministero della Cultura, Regione
Toscana e comune di Piombino, a cui è legato il Piano Strategico
di Sviluppo del Parco, che comprende la programmazione triennale
della ricerca archeologica.
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Fonte Ansa.it