(ANSA) – ROMA, 30 SET – Tra il 2016 e il 2021 l’estrazione di
Bitcoin, la più popolare delle criptovalute, ha provocato danni
ambientali di oltre 12 miliardi di dollari, il loro uso è più
inquinante dell’allevamento dei bovini e confrontabile con
l’estrazione del petrolio. Ad affermarlo è una nuova analisi
realizzata da ricercatori dell’università del New Mexico, negli
Stati Uniti, e pubblicata su Scientific Reports per stimare
l’impatto ambientale prodotto dall’estrazione di Bitcoin,
tecnica che richiede l’uso di molta energia elettrica.
Può sembrare strano ma nonostante i Bitcoin siano una moneta
puramente virtuale il mercato di questa criptovaluta, la prima e
ancora più importante, ha enormi costi ambientali. Ciò è dovuto
al fatto che per produrre nuovi Bitcoin, un meccanismo
necessario per farne proliferare il mercato e senza il quale
l’intero sistema dei Bitcoin imploderebbe, richiede l’uso di
calcolatori impegnati a realizzare semplici ma lunghissimi
calcoli via via più difficili al crescere del numero di Bitcoin
in circolazione. Calcoli che richiedono molta energia, talmente
tanta che nel 2020 – spiega lo studio – la produzione di Bitcoin
ha utilizzato a livello globale 75,4 Terawatt (TWh) ora di
elettricità, più di quanto consumato in un anno in una nazione
come l’Austria e un quarto dell’Italia. Le emissioni di CO2
prodotte dalla loro estrazione sono salite nel tempo di 126
volte, dalle 0,9 tonnellate per singolo Bitcoin del 2016 alle
113 del 2021 e nel complesso le emissioni prodotte tra il 2016 e
il 2021 sarebbero equivalenti a danni stimati in oltre 12
miliardi di dollari. Mettendo in relazione le emissioni prodotte
dai Bitcoin con il loro valore di mercato i ricercatori hanno
stimato che nel maggio 2020 i danni climatici prodotti
dall’estrazione di un singolo Bitcoin ha addirittura superato
del 50% il prezzo stesso della moneta. (ANSA).
Fonte Ansa.it