Dimenticate planetarie, friggitrici ad aria e frullatori a immersione: la nuova frontiera della cucina è la stampante 3D. O perlomeno questo è ciò che credono i ricercatori che ne hanno sperimentato l’uso culinario dando vita alla prima fetta di cheesecake stampata. L’aspetto, bisogna ammetterlo, non è proprio invitante, ma gli autori dello studio, pubblicato su npj Science of Food, sono convinti che la stampa 3D rivoluzionerà il modo di fare cucina.
Cheesecake 2.0. Prima di riuscire a produrre una cheesecake che stesse perlomeno in piedi, gli studiosi hanno dovuto fare diversi tentativi: i primi, come si vede nel video qui sotto, sono stati piuttosto fallimentari. La struttura non reggeva e la cheesecake collassava dopo uno o due strati. Al settimo tentativo, ecco una fetta di torta (cruda) degna di essere messa in forno: in 30 minuti la stampante ha sovrapposto sette strati composti da impasto di biscotti, burro di arachidi, marmellata di fragole, nutella, puré di banana, sciroppo di amarena e glassa.
«Al momento la cheesecake è la cosa che ci riesce meglio, ma la stampante può produrre tanti altri cibi», spiega al Guardian Jonathan Blutinger, coordinatore della ricerca. «Possiamo stampare carne di pollo, di manzo, verdure e formaggi: qualunque cosa che possa essere trasformata in polvere, liquido o impasto».
Cucina del futuro. Le stampanti 3D potrebbero essere il prossimo passo dell’automazione in cucina, e velocizzare le preparazioni degli chef. Secondo Blutinger, la tecnologia potrebbe anche aiutare le persone a tenere conto delle calorie e i nutrienti che assumono, oltre a permettere di scatenare la propria fantasia ideando nuovi piatti e condividendone poi i design sui social media. «L’idea è abbinare la stampante 3D a un forno laser: così tutti potrebbero avere il proprio chef digitale personale».
Alcune perplessità. Non tutti sono convinti che la stampante 3D avrà in cucina il successo che prevedono i suoi ideatori: Andrew Feenberg, professore di filosofia e tecnologia alla Simon Fraser University (Vancouver), teme che il cibo stampato finirà come i segway, quelle specie di monopattini che si manovrano spostando il peso del corpo avanti o indietro: dovevano trasformare il trasporto in città, ma alla fine vengono usati soprattutto nelle grandi industrie per muoversi da uno scaffale all’altro. «Le stampanti 3D potrebbero finire per essere utilizzare solo in ristoranti o caffetterie, ma personalmente non mi vedo a stampare cibo 3d a casa mia», commenta Feenberg.
Duane Mellor, dietista alla Aston Medical School (Birmingham, Regno Unito), teme che stampare il cibo in 3D ci farà smettere di consumare le fibre e i tessuti cellulari di frutta e verdura, e che il nostro corpo assorbirà quindi meno minerali e vitamine.
Come per tutti i grandi cambiamenti, solo il tempo dirà se la stampante 3D alimentare sarà l’ennesimo flop tecnologico o se, effettivamente, tra qualche anno non potremo più farne a meno e la useremo al posto della planetaria per preparare gustosi piatti gourmet.
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Fonte Focus.it