Estrarre CO2 dall’atmosfera a basso costo

I cambiamenti climatici causati dalla costante crescita delle emissioni di CO2 e altri gas climalteranti sono oggi un problema globale, dalle conseguenze difficili da calcolare persino per i centri di ricerca dotati dei più potenti supercomputer. Da anni gli scienziati ci dicono che una volta superate le 400 ppm (parti per milione) di CO2 nell’aria i modelli matematici usati per prevedere le conseguenze sul clima dell’eccesso di CO2 non bastano più. In altre parole: superata la soglia delle 400 ppm non sappiamo esattamente cosa può succedere, nel lungo periodo, al clima del pianeta Terra.

Il problema è che le 400 ppm le abbiamo non solo raggiunte, ma anche superate: il 18 aprile 2016 l’Osservatorio di Mauna Loa, nell’isola di Hawaii, ha registrato una concentrazione di CO2 in atmosfera pari a 410 parti per milione. Non c’era tanta CO2 nell’aria che circonda il pianeta da 3 milioni di anni, quando ancora non esisteva l’Homo Sapiens e i mari erano più alti di oggi di 50 metri.

Alla crisi climatica si sta rispondendo in due modi: “decarbonizzando” la produzione di energia elettrica e calore (con le energie rinnovabili) e i trasporti (con le auto elettriche e, in futuro, quelle a idrogeno) e “sequestrando” la CO2.

Il secondo metodo è il più discusso, sia dall’opinione pubblica che dagli scienziati, perché ha costi economici altissimi e richiede una enorme quantità di energia. Che, se non è rinnovabile, finisce per annullare i vantaggi della cattura e dello stoccaggio dell’anidride carbonica. Adesso, però, c’è un nuovo metodo per catturare la CO2.

O, come lo chiama chi lo propone, “una nuova speranza“.

Come si cattura la CO2 oggi

Una delle più importanti aziende che sequestrano e stoccano CO2 è la svizzera Climeworks, che ha 14 impianti in diverse parti del mondo. In questi impianti ci sono delle enormi ventole che aspirano l’aria e la fanno passare da un filtro dalle maglie microscopiche. Il filtro riesce a trattenere la sola CO2, che poi viene portata alla temperatura di 100 gradi.

Il prodotto di questo processo è un flusso concentrato di anidride carbonica, che viene poi compresso a 70 atmosfere e veicolato sotto terra dove avviene il cosiddetto “geosequestro”. La CO2 viene mescolata con acqua e stoccata nel sottosuolo, dove nel giro di alcuni anni si trasformerà in roccia basaltica annullando il rischio che la CO2 torni in circolazione. Per portare a termine questo processo serve moltissima energia: per le ventole, per riscaldare l’aria, per comprimerla, per inviarla sotto terra.

In base al costo locale dell’energia elettrica, sequestrare la CO2 con questo sistema costa dai 600 ai 1000 dollari per tonnellata. Si spera di riuscire a ottimizzare la tecnica a sufficienza da far scendere questo costo a 250 dollari a tonnellata entro il 2035.

Anche se ci si riuscisse, però, questa soluzione non sarebbe probabilmente valida dal punto di vista economico: oggi la Svezia tassa le emissioni industriali di CO2 con un prezzo di 126 dollari per tonnellata, quindi anche nel 2035 sarà più conveniente emettere CO2 e pagare la tassa piuttosto che sequestrarla.

Sequestro della CO2: la speranza in atmosfera

High Hopes, una startup israeliana, ha avuto un’idea diversa per sequestrare la CO2 ed è convinta di poter scendere ad un costo di 50-60 dollari a tonnellata. L’idea si basa su un processo chimico-fisico ben noto da tempo, chiamato criodistillazione (o distillazione a freddo). Talmente noto che con la criodistillazione, oggi, si fa pure la birra.

Alla base del progetto di High Hopes di sequestrare la CO2 con la distillazione a freddo c’è l’evidenza scientifica che l’anidride carbonica congela naturalmente alla temperatura di -80 gradi centigradi, trasformandosi in ghiaccio secco.

Quando invece il ghiaccio secco viene riscaldato torna allo stato gassoso di CO2, espandendosi. Partendo da queste regole della fisica note da tempo High Hopes ha pensato di usare dei palloni aerostatici per portare dei grandi contenitori a 10-15 chilometri di altitudine, dove la temperatura è naturalmente bassissima.

Salendo insieme ai palloni i contenitori raccolgono la CO2, che a poco a poco di trasforma in ghiaccio secco. Una volta formatosi il ghiaccio secco lo si può comprimere meccanicamente con un normale compressore, dai bassi consumi energetici.

A questo punto il pallone, con il suo carico di ghiaccio secco, viene fatto scendere a terra e inizia il processo inverso: il ghiaccio secco torna CO2 e si espande. Ma non avendo spazio a disposizione la CO2 si comprime da sola, facendo spontaneamente e senza lavoro aggiunto la stessa cosa che viene fatta con grande dispendio energetico negli impianti di Climeworks e in altre fabbriche simili.

Metà del lavoro necessario a sequestrare la CO2, quindi, viene fatto fare alla natura invece che alle macchine con evidenti vantaggi energetici ed economici. Gran parte delle attrezzature necessarie al volo, inoltre, sono già disponibili sul mercato perché utilizzate in passato per altri progetti.

Ad esempio il defunto Google Project Loon, con il quale Big G intendeva portare nella stratosfera modem e antenne per offrire la connessione in aree remote. I palloni aerostatici di Project Loon li produceva, e li produce ancora per altri clienti, l’americana Raven Aerostar.

Sequestro CO2 in atmosfera: speranza o illusione?

I primi test di High Hopes hanno dimostrato che il processo funziona, ma al momento siamo ancora alle fasi iniziali e sono state portate in atmosfera solo piccole macchine in grado di congelare e comprimere pochi chili di CO2 per ogni viaggio. Il sistema, per iniziare a diventare competitivo, necessita di macchine in grado di processare almeno una tonnellata di CO2 a viaggio.

Ogni anno nel mondo, secondo i dati ufficiali della International Energy Angency, le attività antropiche emettono circa 33 miliardi di tonnellate di CO2: la Cina, da sola, emette circa 10 miliardi di tonnellate, USA ed Europa circa 6 miliardi a testa, l’India circa 2,3 miliardi.

Una automobile di segmento B con un motore 1.0 benzina che fa 10.000 chilometri emette circa 1,3 tonnellate di CO2, una vettura equivalente con motore diesel 1.6 ne emette 1,2 tonnelate.

Con numeri del genere è molto chiara l’entità dello sforzo necessario a limitare i danni dei cambiamenti climatici: gli attuali impianti di sequestro della CO2 con metodo simile a quello di Climaworks sequestrano ogni anno circa 1.000 tonnellate di anidride carbonica, mentre per catturarne un milione di tonnellate con i palloni aerostatici di High Hopes servirebbero circa 2.000 macchine volanti da una tonnellata di CO2 ciascuna, che scaricano a terra un carico completo ogni 18 ore.

Il tutto dando per scontato che ci sia sempre una situazione climatica favorevole ai voli e che nessun pallone si rompa durante le operazioni.

Fonte Fastweb.it

Calendario Notizie

Novembre 2024
L M M G V S D
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930