Siamo tutti “macchiati dal
giudizio, a partire dal punto di vista su noi stessi. Solo chi
è proprio stupido, si sente sempre soddisfatto di sé. L’uomo si
interroga continuamente sui propri limiti, e quindi ce la
portiamo dentro questa macchia, fin da piccolissimi. Magari col
tempo riusciamo a ridurla, o magari si espande fino a
paralizzarci”. E’ uno dei motivi, spiega all’ANSA Marco Tullio
Giordana per il quale ha accettato la proposta arrivata
dall’amico Marco Bellocchio, qui cosceneggiatore e coproduttore,
di dirigere La vita accanto, con Beatrice Barison, Sara Ciocca, Valentina Bellè, Sonia Bergamasco e Paolo Pierobon che debutta
fuori concorso al Locarno Film Festival (dove il regista riceve
anche un Pardo speciale in omaggio alla sua carriera), per poi
uscire in sala dal 22 agosto con 01 Distribution.
Il film (prodotto da Kavac Film, IBC Movie e One Art con Rai
Cinema) nasce dall’omonimo romanzo di Maria Pia Veladiano
(Einaudi). La storia, ambientata negli anni ’80, entra negli
equilibri che saltano in una ricca famiglia vicentina, quando
l’inquieta Maria (Bellè), sposata all’affermato medico Osvaldo
(Pierobon) partorisce la prima (e unica) figlia della coppia.
Rebecca. La piccola (interpretata nella prima parte
dell’infanzia da Viola Basso, nella preadolescenza da Sara
Ciocca, e poi da Beatrice Barison) pur sana e molto bella, ha
un’ampia macchia purpurea che le copre parte del viso. Un
difetto che Maria, non accetta. La bambina, che rivela presto
una grande talento per il piano, trova una figura femminile di
riferimento nella zia Erminia (Bergamasco), la sorella gemella
del padre (tra loro c’è un rapporto estremamente intenso) famosa
concertista. Rebecca dimostra di avere la forza per affrontare
il giudizio degli altri, a partire da quello della madre, la cui
salute mentale continua a peggiorare. “Anche Maria la “macchiamo” noi con un giudizio – spiega Bellè -, l’ho capito
facendo delle ricerche sulla depressione post partum e parlando
e con una donna che l’ha vissuta. La macchia della figlia forse
è un pretesto, è ciò che fa partire in lei delle domande molto
pesanti che prima non aveva avuto il coraggio di farsi”.
Barison, che nella vita è pianista concertista qui debutta sul
grande schermo: “Mi hanno insegnato molto il coraggio e la forza
che Rebecca trova in se stessa – osserva – senza dipendere dal
giudizio degli altri, neppure da quello della sua famiglia, che
invece, all’inizio, la porta a chiudersi, a nascondersi”.
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Fonte Ansa.it