Guerra ai Cookies, cosa ci sarà dopo?

All’occhio indiscreto dei cookie non sfugge niente, o quasi. Infatti sono sempre di più le restrizioni che bloccano il monitoraggio da parte di queste piccole porzioni di codice, capaci di tenere traccia dei siti che visitiamo, dei nostri interessi in fatto di notizie, dove ci troviamo e ogni singolo click che facciamo in rete.

Fortunatamente, se da una parte si spinge per conoscere le abitudini di chi naviga in rete, dall’altra parte c’è qualcuno che preme per dare un taglio a tutto ciò. Prima c’erano le estensioni dei browser, ora invece sono proprio i browser che in prima battuta provvedono a effettuare una scrematura lasciando spazio solo ai codici meno invasivi.

Cookie: cosa si nasconde dietro ai biscottini digitali

Anche i meno esperti, a forza di sentirne parlare, sanno ormai distinguere i diversi tipi di cookie in cui ci si può imbattere su internet. In ogni caso, è sempre bene ribadire quale sia la differenza tra cookie di prima parte e cookie di terze parti in modo da poterli riconoscere quando li si incontra navigando per la rete.

I cookie di prima parte sono quei cookie che vengono rilasciati da un sito web e che permettono ai gestori del sito stesso di conoscere alcune informazioni sul visitatore, come per esempio accade visitando un sito che ricorderà la nostra posizione geografica per fornirci subito le temperature della città selezionata, quindi tutto il processo rimane interno al sito stesso.

I cookie di terze parti, invece, sono quelli che navigando su un sito permetteranno ad altri – le terze parti, appunto – di conoscere ciò che facciamo o che ci interessa, per scopi diversi.

Come si può evincere in maniera piuttosto ovvia, bloccare i cookie di terze parti in toto non è una scelta praticabile soprattutto dal punto di vista degli editori, i cosiddetti publisher, che attraverso il targeting mirato riescono a far fruttare il lavoro necessario alla realizzazione e alla pubblicazione di contenuti. È per questo motivo che molti siti web bloccano la fruizione delle propri materiali a chi utilizza adblock sul proprio browser, ovvero quegli add-on che permettono di bloccare le pubblicità targettizzate quando si naviga sulle loro pagine.

Cookie contro browser: chi vince la battaglia?

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Le posizioni da parte dei browser sono diverse. Firefox e Safari, rispettivamente di Mozilla e Apple, hanno da tempo introdotto delle strategie per fermare l’avanzata dei cookie di terze parti. In particolare, Firefox ha sviluppato un sistema di blocco chiamato ETP, ovvero Enhanced Tracking Protection, che è in grado di intercettare e bloccare i cookie di terze parti, lasciando invece attivi quelli di prima parte.

Anche Safari ha fatto lo stesso. Il web browser di Cupertino utilizza quello che chiama Intelligent Tracking Prevention, abbreviato in ITP, che consente anch’esso di bloccare quel tipo specifico di cookie in maniera puntuale tanto essere in grado di riconoscerli anche quando tentano di farsi passare da cookie proprietari.

Rispetto agli add-on utilizzati in precedenza, questi due particolari sistemi non hanno bisogno di essere installati separatamente in quanto già inseriti nel codice del browser. In questo modo possono agire in maniera autonoma, rendendo praticamente impossibile il tracciamento di un utente attraverso differenti siti web, almeno seguendo i metodi tradizionali.

Anche Chrome, il browser di Google, e Microsoft Edge puntano a espedienti simili sebbene tali funzionalità, già presenti, non siano sono abilitate di default. A differenza di Microsoft, Google ha anticipato di voler usare il pugno duro contro i cookie di terze parti entro la fine del 2022 ma, almeno secondo le dichiarazioni rilasciate, la società si è detta preoccupata per le conseguenze di questo gesto che potrebbero scagliarsi come un boomerang contro i siti che utilizzano le pubblicità per guadagnare.

Certo è che Google, tra le varie preoccupazioni, ha anche quelle relative ai propri di incassi, visto che ha fatto della pubblicità targettizzata una delle sue fonti di guadagno primarie a differenza dei suoi competitor.

Qual è il futuro dei cookie?

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Sebbene non vi siano ancora certezze sul futuro dei cookie, di certo c’è chi è già corso ai ripari trovando peraltro una strada altrettanto lucrativa, se non addirittura di più. Si tratta della scelta di non fornire contenuti pubblicitari in base agli interessi degli utenti ma pubblicare annunci pubblicitari correlati ai contenuti delle pagine, una scelta che sempre più publisher adottano con profitto.

Purtroppo però a fare da contraltare a questo modello restano ancora gli ampi guadagni dovuti agli annunci pubblicitari targettizzati, tanto da rendere difficile anche solo immaginare un futuro senza pubblicità mirate sui consumi del navigatore rispetto ai contenuti in pagina. Lo stesso vale per i guadagni diretti da parte di chi pubblica, ovvero senza gli intermediari che attualmente gestiscono i network pubblicitari con un ritorno economico notevole grazie agli spazi disponibili in rete.

Tentando di mediare tra il pregresso e il futuro, proprio Google si è fatta avanti attraverso un’iniziativa denominata Privacy Sandbox. Con essa, il colosso di Mountain View intende fornire agli utenti del World Wide Web più tutela durante la navigazione mantenendo però molte delle funzionalità tipiche dei cookie di terze parti. Di conseguenza, le pubblicità resterebbero comunque mirate rispetto agli interessi dei navigatori ma, agli stessi, verrebbe assicurata una maggiore privacy attraverso l’anonimizzazione di gran parte dei dati e a una migliore protezione da eventuali frodi pubblicitarie.

Per portare avanti questo ambizioso progetto, Google ha però bisogno di aiuto, non solo degli sviluppatori di browser ma anche degli esperti del settore dell’advertising come dei publisher stessi. Solo un lavoro di squadra potrà aiutare a delineare cosa accadrà nei prossimi anni nel mondo dell’advertising digitale e se, e come, si potrà trovare una valida alternativa ai cookie.

Di certo, se dovessero scomparire improvvisamente i sistemi di tracciamento dei comportamenti, l’unica realtà a poter ancora accedere a quel tipo di informazioni sarebbe proprio Google. Infatti tra servizi come Google Maps, Gmail e altri proprietari rimarrebbe l’unico a poter raccogliere informazioni in maniera massiccia proprio come in passato, a differenza degli altri attori del mercato. L’unica certezza, almeno per ora, è che ciò che oggi è il mondo di cookie con molta probabilità è destinato a cambiare.

L’orientamento dei governi di tutto il mondo verso una maggiore privacy degli utenti non cambierà facilmente, servirà solo il tempo per trovare una soluzione in grado di mettere d’accordo tutte le parti in gioco.

Fonte Fastweb.it

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