I pro e i contro dell’euro digitale della Bce

I Bitcoin (BTC) furono lanciati nel 2009 da un anonimo sviluppatore sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, diventando presto la cripto-valuta per eccellenza. Poi sono arrivati una valanga di cloni: Litecoin (LTC), Namecoin (NMC), Ripple (XRP), Ethereum (ETH), Binance Coin (BNB), Cardano (ADA), Dogecoin (DOGE). Negli ultimi anni, varie istituzioni hanno valutato l’ingresso nel mercato delle valute digitali e si è iniziato a parlare di CBDC (Central Bank Digital Currencies).

Il futuro è già qui. In Cina la CBDC è già una parziale realtà dal 2020, introdotta dal Governo solo per alcune transazioni al fine di controllare capillarmente le vendite al dettaglio; in Svezia l’e-krona e in India l’e-rupee sono in fase di sperimentazione, e anche il Giappone, il Regno Unito e gli Stati Uniti stanno valutando l’emissione di una propria moneta elettronica. Poteva mancare l’Unione Europea? No. E infatti la Banca Centrale Europea sta accarezzando l’idea di lanciare la propria valuta digitale, l’e-euro, con lo scopo di fornire un’alternativa elettronica ai metodi di pagamento già esistenti e con l’obiettivo parallelo di aumentare la sicurezza e la stabilità del sistema monetario dell’UE tramite l’utilizzo di blockchain, ossia di un registro digitale che tiene traccia di tutti passaggi di moneta e sul quale è difficile intervenire in maniera fraudolenta.

Valute digitali a confronto. La differenza principale tra le cripto-valute tradizionali e le CDBC risiede nel fatto che le prime sono decentralizzate, ossia non emesse da un’autorità centrale, ma da una rete di computer sparsi per il mondo, mentre le seconde saranno emesse da un’istituzione e il loro valore legato a quello della valuta ufficiale. Un’altra grossa differenza risiede nella quantità complessiva, limitata nel caso delle cripto-valute (che per essere create richiedono un processo chiamato mining, bisognoso di un’altissima intensità energetica e che comporta la risoluzione di problemi matematici estremamente complicati), mentre sarebbe illimitata per le CDBC. In parole povere, con l’e-euro non ci sarebbe uno sdoppiamento della moneta, né alcun tasso di cambio, sarebbe semplicemente l’euro ma in un altro formato.

E-euro: tanti vantaggi. Ma quali sarebbero i vantaggi dell’introduzione dell’e-euro? Intanto è meno dispendioso delle valute tradizionali poiché non richiede stampa, convalida, circolazione, monitoraggio e sostituzione, un fatto che abbatterebbe di netto l’impronta ecologica legata alla produzione e, dunque, l’inquinamento. Ci sarebbero vantaggi anche sul fronte dell’accesso bancario, poiché un euro digitale verrebbe gestito direttamente dalle banche centrali, eliminando la necessità di intermediari (le istituzioni finanziarie private) per cui sarebbe più facile per i cittadini accedere al denaro aprendo portafogli digitali facilitati da provvedimenti governativi ad hoc.

Inoltre c’è anche un discorso di sovranità economica: l’e-euro proteggerebbe l’euro dalla concorrenza di altre CBDC e da quelle delle cripto-valute, aumentando al contempo la facilità di monitorare le transazioni e riducendo l’elusione fiscale e il riciclaggio di denaro.

Qualche svantaggio. E allora per quale motivo non ci si butta a capofitto nel progetto e-euro? Perché anche se questa è digitale, esiste sempre l’altra faccia della moneta: il denaro tangibile garantisce l’anonimato, e per questo favorisce la criminalità, è vero, ma privilegia anche la privacy, senza che qualsiasi nostro acquisto sia tracciato. Una valuta digitale completamente sicura richiederebbe che tutte le informazioni sulle transazioni siano segnalate all’autorità, ma in questo caso si darebbe troppo potere alle banche centrali e ai governi. Si sta studiando, dunque, come far funzionare l’e-euro in forma semi-anonima per preservare l’equilibrio tra sicurezza e privacy e per rendere appetibile questo nuovo formato. In sostanza, occorrerà attendere un po’ per conoscere come la valuta digitale comunitaria sarà progettata e regolamentata: non proprio una passeggiata vista la complessità della regolamentazione dell’UE.

Fonte Focus.it

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