I sistemi di facial recognition nel mondo

A inizio ottobre 2021 il Parlamento Europeo ha votato una mozione di indirizzo con la quale chiede che sia vietato, in tutti gli Stati Membri dell’UE, l’utilizzo della “sorveglianza biometrica“. Con questo termine si intende l’uso, a fini della sorveglianza di polizia, di parametri biometrici dei cittadini come il volto.

Si tratta, in buona sostanza, di un primo stop al riconoscimento facciale di massa da parte degli organi di polizia e di sicurezza nazionale, che dovrà però trovare in futuro l’approvazione delle altre istituzioni europee e, solo dopo, una concreta applicazione nei singoli Stati Membri.

Circa un mese dopo, ai primi di novembre 2021, Meta (ex Facebook) annuncia che nel giro di poche settimane disattiverà in tutto il mondo il suo sistema di riconoscimento dei volti, usato ad esempio per creare i tag automatici in foto e video. In una nota il colosso fondato da Mark Zuckerberg ha dichiarato: “Dobbiamo soppesare i casi d’uso positivi per il riconoscimento facciale rispetto alle crescenti preoccupazioni della società, soprattutto perché i regolatori devono ancora fornire regole chiare“.

Ancor prima, a metà giugno 2021, gli Stati americani di Washington, Virginia e Maryland hanno approvato leggi simili tra loro per chiedere maggiore trasparenza alle rispettive forze di polizia locali nell’uso dei sistemi di “facial recognition” che, nel caso di Washington e del Maryland, è stato temporaneamente bloccato.

Quelli appena citati sono solo gli ultimi esempi di dubbi e critiche sollevati nei confronti dei sistemi di intelligenza artificiale applicati ai flussi video al fine di realizzare il riconoscimento facciale di massa della popolazione

Dubbi e critiche che, però, nel mondo occidentale partono da ben prima e non si limitano alla semplice difesa della privacy.

Tutto questo mentre in Cina la maggior parte della popolazione fino a poco tempo fa si dichiarava favorevole all’uso di queste tecnologie, anche se mezzo mondo accusa il gigante orientale di usare il riconoscimento facciale per individuare e discriminare i cittadini di etnia Uiguri.

La campagna Ban the Scan di Amnesty International

Il 26 gennaio 2021 Amnesty International ha lanciato la campagna “Ban the Scan” con la quale chiede ai Governi di bloccare ogni forma di riconoscimento facciale di massa della popolazione. Secondo l’associazione che si occupa di tutela dei diritti umani, infatti, “Il riconoscimento facciale può amplificare le politiche di discriminazione razziale e minaccia il diritto di protesta. La tecnologia è stata sviluppata raccogliendo milioni di immagini dai profili social senza permesso“.

Ban the Scan è partita dagli USA, in particolare da New York, ma si è presto estesa ad altri Stati nel mondo

Tra le iniziative caldeggiate da Amnesty c’è anche quella che ha portato settemila volontari a “taggare” su una mappa tutte le telecamere di sorveglianza presenti a New York, affinché i cittadini sappiano dove si trovano.

La Retrospective Facial Recognition a Londra

Nonostante il riconoscimento facciale sia una tecnologia tutt’altro che socialmente accettata in USA e in Europa, nel Regno Unito le autorità hanno intenzione di ampliarne l’uso. La città di Londra, ad esempio, a fine settembre 2021 ha firmato un accordo con la giapponese NEC per la fornitura di una tecnologia di Retrospective Facial Recognition.

La Retrospective Facial Recognition, in pratica, esamina le immagini delle persone ottenute dalle forze dell’ordine prima di confrontarle con il database di immagini interno della polizia per cercare di trovare una corrispondenza.

Secondo Ella Jakubowska, policy advisor dell’associazione European Digital Rights, con questa tecnologia è possibile “tornare indietro nel tempo per vedere chi sei, dove sei stato, cosa hai fatto e con chi, nel corso di molti mesi o addirittura anni“. Per la Jakubowska ciò può “sopprimere la libera espressione, di riunirsi in assemblea e impedisce alle persone di vivere senza paura“.

Amazon, IBM e Microsoft chiedono certezze

In tutta questa vicenda, però, i protagonisti non sono solo le forze di polizia, i cittadini e le associazioni pro diritti umani: ci sono anche i big della tecnologia, le aziende che creano e sviluppano i sistemi di riconoscimento facciale.

Aziende come Amazon, IBM e Microsoft che, adesso, chiedono certezze perché ogni minima polemica su una delle loro tecnologie di riconoscimento facciale può tradursi in miliardi di dollari bruciati in borsa, da un momento all’altro

Amazon, che sviluppa la tecnologia “Rekognition“, si è auto imposta una moratoria e non la vende più alle forze di polizia, ma solo alle aziende private. Microsoft, già nel 2018, ha chiesto apertamente ai Governi di deliberare una normativa chiara e definitiva sul riconoscimento facciale. IBM, a giugno 2020, ha annunciato che non venderà più la sua tecnologia di facial recognition alle forze di polizia.

Il problema dell’algoritmo razzista e sessista

Joy Buolamwini

Come se la carne al fuoco non bastasse, poi, c’è anche da citare il problema del (dimostrato, non presunto) “razzismo” e “sessismo” di molti algoritmi usati nel riconoscimento facciale: quando si tratta di riconoscere il volto di donne e minoranze etniche il tasso di errore schizza alle stelle.

Alla base di questo problema, che può causare l’ingiusto arresto di migliaia di persone (e favorire la latitanza di altrettanti criminali non riconosciuti), c’è il fatto che gli algoritmi di riconoscimento facciale sono stati allenati con milioni di foto in gran parte raffiguranti maschi bianchi caucasici.

Il problema è stato sollevato da Joy Buolamwini, ricercatrice del MIT Media Lab e fondatrice nel 2016 della Algorithmic Justice League

Le ricerche della Boulamwini hanno dimostrato la fallacia dei principali algoritmi usati per il riconoscimento facciale e, direttamente e indirettamente, hanno spinto le big della tecnologia ad assumersi almeno in parte le loro responsabilità.

Il riconoscimento facciale in Cina

riconoscimento facciale cina

Quando Europa e Stati Uniti ancora dovevano iniziare a sperimentare le prime tecnologie di riconoscimento facciale, la Cina era già anni avanti.

Di fatto oggi la Cina è il Paese più videosorvegliato al mondo, con il più grande database di volti e con il riconoscimento facciale più pervasivo di tutti

Quanto meno se parliamo delle grandi città, tanto che adesso i cittadini iniziano ad avere qualche timore.

Secondo quanto riporta lo storico quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, dal 2015 di proprietà del gruppo cinese Alibaba di Jack Ma (negli ultimi tempi non molto ben in vista a Pechino, come altri CEO di aziende tech), nel Paese asiatico oggi il riconoscimento facciale viene usato per tutto: dal conferimento dei rifiuti per la raccolta differenziata ai dispenser di carta igienica.

Ma i cittadini iniziano a non essere più d’accordo con questo sistema: un sondaggio somministrato in forma anonima a 1.515 cittadini ha ottenuto uno schiacciante 87,46% di risposte negative nei confronti del riconoscimento facciale nei centri commerciali.

Fonte Fastweb.it

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