Il caso Torregiani, un film tra politica, anni ’70 e media

(ANSA) – ROMA, 20 GEN – Alla fine chi è un ricco
commerciante? Niente più che un controrivoluzionario fascista. E
chi ruba? Solo un uomo che in fondo applica una sua giustizia
proletaria che va compresa. Il film ERO IN GUERRA MA NON LO
SAPEVO di Fabio Resinaro si muove tra questi due ideologici
paradossi molto presenti nei politicizzati anni Settanta, e lo
fa raccontando un noto fatto di cronaca: ovvero la storia di
Pierluigi Torregiani, titolare di una gioielleria a Milano,
ucciso nel 1979 in un agguato dai Pac (Proletari Armati per il
Comunismo) perché colpevole di essersi difeso durante una rapina
in una pizzeria in cui morì uno dei rapinatori. Insomma un film
altamente politico, ispirato al libro omonimo firmato da Alberto
Dabrazzi Torregiani (sulla sedia a rotelle dopo le ferite
ricevute durante l’assassinio del padre) e Stefano Rabozzi, e
prodotto da Luca Barbareschi, in sala con 01 in 200 copie il
24/25/26 gennaio.
    A dare il volto a Pierluigi Torregiani è un credibile
Francesco Montanari che interpreta questo gioielliere molto
determinato, quasi maniaco, preso di mira dai giornali come un
giustiziere borghese a cui a un certo punto viene data una
scorta dalla polizia. Accanto a lui un’affidabile moglie (Laura
Chiatti) e i loro tre figli adottati. A un certo punto però le
minacce di morte si fanno più numerose; il gioielliere è
diventato ormai un obiettivo perfetto per i PAC, gruppo di
terroristi guidato da Cesare Battisti, che individuano in lui un
colpevole da punire. Cosa che poi accadrà puntualmente.
    “Il mio Torregiani un antipatico? Lo è suo malgrado, perché
si ritrova a vivere in una dinamica più forte di lui che non
sopporta più e così si ribella – dice Montanari -. Lui non
accetta di far finta di niente, è fondamentale un uomo
pragmatico che non vuole sottostare a qualcosa di cui non è
colpevole”. Dice invece Alberto Torregiani, testimone in prima
persona: “Con l’arresto di Cesare Battisti non si chiude del
tutto la storia di mio padre, ma si dà certamente più valore
alle battaglie fatte. Va detto però che il film fa vedere bene
come il linciaggio mediatico sia stato il vero motore di
quell’omicidio”. (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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