(ANSA) – ROMA, 02 DIC – Da anni è ormai l’uomo invisibile del
cinema mondiale: non si mostra in pubblico, ha trasformato il
suo domicilio ginevrino nella “caverna” di Platone, schiva le
cerimonie ufficiali, non accompagna i suoi film, evita perfino
di ritirare i premi. Facile prevedere che anche domani, giorno
del suo novantesimo compleanno, Jean-Luc Godard si noterà
soprattutto per la sua assenza. Sarebbe già un miracolo se si
manifestasse come un Vate nell’oceano della Rete, ma la
ricorrenza fa comunque rumore.
Nato a Parigi dal genitori protestanti svizzeri il 3 dicembre
1930, preso dal demone della creatività generata dalla “Nouvelle
Vague” nascente, filma i suoi primi cortometraggi e si lega di
profonda amicizia a François Truffaut con cui nel ’58 realizza “Une histoire d’eau”. L’amico gli passa il soggetto di “Au bout
du souffle” (All’ultimo respiro) con cui debutta da regista nel ’59. Per dieci anni, fino al 1967, lavorerà a ben 22 titoli (tra
lunghi e corti) che fanno storia, tra cui “Le petit soldat”, “Les carabiniers”, “Une femme est une femme”, “Le mepris”, “Bande à part”, “Une femme mariée”, “Weekend”, “Deux ou trois
choses que je sais d’elle”. Nel frattempo seduce la sua
attrice-feticcio, Anna Karina, rompe l’amicizia con Truffaut per
questioni di ideologia politica ed estetica, prende le distanze
dalle correnti in voga, ritagliandosi un ruolo di polemista. Nel ’67 sceglie la via dell’impegno politico. Dirige “La chinoise” e
dà il via al suo periodo militante culminante negli anonimi “Cinetracs” del gruppo Dziga Vertov, “Vento dell’est” con Gian
Maria Volonté e “Crepa padrone tutto va bene” (“Tout va bien”)
con Yves Montand del ’72.
Negli anni ’70 si propone come pioniere delle nuove
tecnologie. In parallelo sviluppa anche un’estetica e una
linguistica del cinema assolutamente fuori dagli schemi. Nel
1995 il festival di Locarno gli rende omaggio con il Pardo
d’onore. Nel 2011 a lui si inchina anche Hollywood con un Oscar
alla carriera ricevuto in contumacia. Di recente ha salutato il
Festival di Cannes con « Adieu au language » (2014, Premio della
Giuria) e “Le livre d’image” (2018). Per l’occasione la giuria
decide, d’accordo con il Festival, di assegnargli una Palma
d’oro speciale. (ANSA).
Fonte Ansa.it