– SIAH AB, 10 OTT – Nell’Afghanistan occidentale, sconvolto
da un violento terremoto con un bilancio ufficiale di 2.053
morti, si continua a scavare tra le macerie delle case
devastate, ma la speranza di trovare sopravvissuti diminuisce di
ora in ora. Equipaggiati con pale e picconi, i volontari hanno
lavorato instancabilmente da sabato scorso dopo la violenta
scossa di magnitudo 6.3, seguito da altre otto di assestamento,
nella provincia di Herat.
“Ci sono famiglie che non hanno più nessuno in vita”, lamenta
Ali Mohammad, 50 anni, del villaggio di Nayeb Rafi. “Non è
rimasto nessuno, né una donna, né un bambino, nessuno”, ha
aggiunto.
Nel vicino villaggio di Siah Ab si sono svolti ieri i
funerali di massa di circa 300 persone provenienti dalle
comunità circostanti. Centinaia di corpi, coperti da un lenzuolo
bianco, sono stati deposti a terra, mentre gli abitanti del
villaggio venuti a rendere omaggio incrociavano le braccia in
segno di preghiera.
Secondo l’Onu, in 11 villaggi del distretto rurale di Zenda
Jan, situato a circa 30 chilometri a nord-ovest della città di
Herat, capoluogo dell’omonima provincia, sono state distrutte il “100%” delle case.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) stima che 11.000
persone provenienti da 1.655 famiglie siano state colpite dal
terremoto. Camion pieni di cibo, acqua e coperte hanno raggiunto
alcuni villaggi isolati, dove tra le rovine sono state piantate
delle tende blu.
I talebani, che hanno ripreso il potere nell’agosto 2021,
dovranno affrontare una grande sfida logistica: ricollocare i
residenti con l’avvicinarsi dell’inverno. Ma si tratterà di un
compito per nulla facile se si considera che le relazioni che le
autorità del paese hanno stabilito con le organizzazioni
umanitarie internazionali sono piuttosto complicate, dopo il
divieto imposto alle donne di lavorare per le Nazioni Unite e le
Ong.
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Fonte Ansa.it