In Italia sull’ultimo volo, ‘ancora non ci crediamo’

(ANSA) – ROMA, 28 AGO – Quando l’aereo ha toccato la pista
avevano le lacrime agli occhi. Tra i 58 afghani arrivati
stamattina a Fiumicino con l’ultimo volo del ponte aereo
italiano c’erano anche due sorelle, Arezu e Ghazal, giovani
giornaliste di Herat che sono riuscite ad arrivare in Italia con
i loro bimbi e alcuni familiari.
    “Non riusciamo a credere di aver raggiunto Roma dopo tanti
problemi e difficoltà. Non pensavamo di farcela. Abbiamo
pianto”, hanno detto all’ANSA. Un viaggio difficile, raccontano,
quello da Herat a Roma.
    “Abbiamo impiegato due giorni per raggiungere Kabul, dove
siamo rimaste quattro giorni prima di riuscire a partire. Nella
ressa dell’aeroporto avevamo paura di essere calpestate. Ogni
giorno tornavamo al gate per cercare entrare. Abbiamo provato
più volte prima di riuscirci”.
    Dopo diversi tentativi e sempre in contatto con le militari
italiane del Female Engagement Team sono riuscite a farsi
riconoscere in aeroporto, anche disegnando delle iniziali sulle
mani, proprio poche ore prima dell’attentato allo scalo di
Kabul.
    Tra i momenti più difficili le due sorelle ricordano quando
ad Herat “pochi giorni prima della caduta della città a causa
del nostro lavoro da giornaliste siamo state costrette a
nasconderci, a cambiare casa”. E quando la città era ormai in
mano ai talebani, dicono, “abbiamo dovuto cambiare residenza
ogni due o tre giorni”. Ora per Arezu e Ghazal è l’inizio di una
nuova vita. Dopo il periodo di quarantena guardano al futuro, un
futuro migliore per loro e per i loro figli. “Ci auguriamo di
vivere in pace con le nostre famiglie e di poter continuare a
lavorare come giornaliste” spiegano. La cosa più bella per loro
è stata riuscire a “portare alcuni familiari in Italia”.
    Rimane però la preoccupazione per chi è rimasto in
Afghanistan. “Nostro padre e nostro fratello purtroppo sono
ancora lì”. Il loro ringraziamento oggi va a chi le ha aiutate
ad andar via dall’Afghanistan e a dare un futuro ai loro figli:
alla Difesa e al team di militari donne conosciuto alcuni anni
fa ad Herat e con cui sono state sempre in contatto per arrivare
a Roma. “Le ringraziamo per quello che hanno fatto per noi e per
la nostra famiglia”, dicono. (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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