Italiani in pista

Il cielo è limpido e il Sole si riflette su una sconfinata distesa bianca quando il grande C-130J della nostra Aeronautica Militare atterra sul pack ghiacciato dell’Antartide, vicino alla stazione italiana Mario Zucchelli di Baia Terra Nova. È il 25 ottobre 2019 ed è una data da segnare sul calendario.

Torna dopo vent’anni un nostro aereo militare, un colosso lungo 30 metri e con un’apertura alare di oltre 40 metri, tocca la superficie antartica. L’aereo da trasporto della 46a Brigata Aerea di Pisa porta personale, ricercatori e materiali destinati alla trentacinquesima spedizione italiana in questa terra desolata, la più fredda del Pianeta, organizzata nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra). L’atterraggio del C-130J (nella foto sopra) è il primo di una lunga serie prevista per il futuro, ma probabilmente anche uno degli ultimi sul pack, lo strato di ghiaccio marino che costituisce sì una superficie piatta e liscia per l’atterraggio, ma che può essere utilizzato dai velivoli per un periodo dell’anno assai breve, non più di un mese all’inizio dell’estate australe, prima che il riscaldamento stagionale lo renda instabile e soggetto a fratture.

A buon punto. Per sottrarre la sicurezza dei collegamenti aerei ai capricci del clima, gli esperti dell’Unità Tecnica Antartide dell’Enea hanno pertanto proposto, già da qualche anno, di realizzare una pista di atterraggio più sicura in un’altra area vicina alla stazione Zucchelli, quella di Boulder Clay, su una morena adagiata sopra l’omonimo ghiacciaio, spesso oltre 100 metri.

Si tratta di un’aeropista “semipreparata”, come si dice in gergo tecnico, realizzata in ghiaia con speciali tecniche costruttive e con competenze interamente italiane. Un progetto estremamente complesso e impegnativo che, dice Vincenzo Cincotti, responsabile dell’Unità Tecnica Antartide dell’Enea, «è iniziato già dieci anni fa con i primi studi e ora giunto a una fase avanzata di realizzazione. Con la spedizione iniziata lo scorso ottobre abbiamo completato i primi 1.700 m di pista e con la prossima ultimeremo il lavoro. Un’ulteriore spedizione consentirà di realizzare le infrastrutture di quello che sarà un aeroporto vero e proprio».

Una volta completata, l’intera opera avrà richiesto 5 spedizioni (tre già concluse e due future), «considerando che a queste latitudini è possibile lavorare in modo produttivo solo nei due mesi più caldi dell’anno», puntualizza Cincotti.

La costruzione di una pista in un luogo così estremo e vincolato come l’Antartide è una delle tante attività del PNRA, il Programma che vede impegnati un gran numero di enti e strutture del nostro Paese, il meglio della nostra organizzazione sia nel campo della ricerca sia in quello militare: l’Enea per quanto riguarda l’organizzazione logistica, il Cnr per il coordinamento scientifico, il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca per i finanziamenti e tutte le forze armate – Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri – per l’indispensabile supporto operativo.

Una pista, tante basi. A beneficiare di questa struttura tutta italiana saranno anche ricercatori e tecnici di altri programmi antartici condotti in basi non distanti dalla nostra stazione Mario Zucchelli, come quello coreano della base Jang Bogo e quello cinese della nuova struttura in costruzione a Inexpressible Island. Qui arriveranno anche i supporti logistici per la base Concordia, a conduzione congiunta italiana e francese, collocata sul plateau antartico a circa 1.200 km a ovest e raggiungibile soltanto con piccoli aerei che possono atterrare sulla neve.

Il C-130J dell’Aeronautica Militare sorvola la nuova pista quasi completata. Per finire il cantiere sarà necessario attendere le prossime due missioni. | Aeronautica Militare – @PNRA

Ma quali sono le caratteristiche di questa struttura che come pressuposto aveva quello di rispettare l’incontaminato ambiente circostante?  «Si tratta di un’aviopista lunga 2.200 m e larga 45 m, oltre a due banchine laterali, chiamate shoulder, per un totale di 60 m», ci spiega il tenente colonnello dell’Aeronautica Antonello Germinario, ingegnere che ha sviluppato il progetto. La sua pendenza massima sarà dell’1% e il materiale di cui è costituita è stato tutto reperito sul posto: a una fondazione in materiale lapideo grossolano sono stati sovrapposti tre strati di pietrisco e ghiaia sempre meno spessi. Ai lati, invece, viene realizzato un muro di contenimento con grandi blocchi di granito. Il luogo è stato scelto con grande attenzione. «La pista è collocata», dice Gianluca Bianchi Fasani dell’Unità Tecnica Antartide dell’Enea, «su una morena costituita da materiale di dimensioni diverse, dalla ghiaia alla sabbia, con massi di notevoli dimensioni in superficie. Grazie a una rete geodetica Gps e a tecniche di interferometria con i satelliti, abbiamo verificato i movimenti del ghiacciaio, che si sono dimostrati limitati nel tempo». Si tratta infatti di un ghiacciaio molto particolare, perché parzialmente ricoperto dalla morena e con uno spessore molto elevato (fino a 100 metri in alcuni punti).

La morena è formata da detriti provenienti dal fondale marino, trasportati sul continente durante l’ultima glaciazione, che hanno poi subito un rimodellamento ad opera della dinamica glaciale.

«Per raccogliere le acque di fusione e convogliarle lontano dalla pista in caso di innevamento o di scongelamento stagionale dello strato superficiale di permafrost, è stato realizzato un fosso di guardia», spiega Bianchi Fasani. Naturalmente sarà necessaria una scrupolosa manutenzione periodica della pista alla fine dei lunghi inverni antartici, ma tutto è stato pensato perché la struttura possa durare molto a lungo.

Fino a oggi si atterrava soltanto sul pack, su una lastra di ghiaccio spessa 2 metri

I mezzi impegnati nei lavori di consolidamento della pista di Boulder Clay.

I mezzi impegnati nei lavori di consolidamento della pista di Boulder Clay. | Aeronautica Militare – @PNRA

Attenzione all’ambiente. «Il muro costituito da blocchi di grandi dimensioni, per esempio», ci dice il generale ispettore Alberto De Rubeis, capo del Servizio Infrastrutture del comando logistico dell’Aeronautica Militare, «non svolge solo la funzione di contenimento laterale ma, grazie anche alla convezione di aria al suo interno, aiuta a preservare dal surriscaldamento il sistema geologico costituito dalla morena e dal ghiacciaio. Il tutto non soltanto allo scopo di conservare la struttura ma anche di mantenere intatto l’ambiente e lo strato di permafrost. È fondamentale, infatti, rispettare i vincoli ambientali imposti dal Trattato Antartico, l’accordo internazionale che definisce i vincoli alle attività in questa delicata terra».

Nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide è stato analizzato attentamente l’impatto ambientale di questa realizzazione e l’Italia ha presentato le sue conclusioni in sede internazionale. In particolare, lo studio delle rocce dell’area ha portato a definire un mix di materiali che garantisse sia la massima resistenza, date le severe condizioni in cui la pista sarà utilizzata, sia il minor impatto ambientale. Dunque niente cemento. Anche i metodi di lavoro hanno richiesto opportuni adattamenti, perché persino durante l’estate antartica la temperatura è costantemente inferiore a zero gradi.

i palombari della Marina che, insieme ai sommozzatori dei Carabinieri, hanno dato supporto ai ricercatori nel condurre complessi campionamenti subacquei.

I palombari della Marina che, insieme ai sommozzatori dei Carabinieri, hanno dato supporto ai ricercatori nel condurre complessi campionamenti subacquei. | Aeronautica Militare – @PRNA

Piste semipreparate di questo tipo sono realizzate dal Genio della nostra Aeronautica in vari teatri operativi nel mondo e sono presenti anche in alcune basi aeree in Italia e per addestrare gli equipaggi, italiani o di nazioni alleate, alle manovre di decollo e di atterraggio. Ma quella che si sta costruendo in Antartide è senz’altro la più complessa ed estrema mai realizzata.

Il tutto per rendere più confortevole il lavoro dei circa 250 scienziati e tecnici, italiani e stranieri, impegnati nei progetti del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, che quest’anno prevede, per esempio, l’esecuzione di ben 45 progetti nei quattro mesi complessivi della campagna. Tra il personale figurano i tecnici Enea che dirigono i lavori e gli specialisti dei reparti del Genio dell’Aeronautica Militare, dei Vigili del Fuoco o a contratto che si occupano materialmente dei lavori. 

Di Riccardo Oldani. Foto di Aeronautica Militare @PNRA

Fonte Focus.it

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