Jimi Hendrix, a 50 anni morte il mito sfida il futuro

(ANSA) – ROMA, 15 SET – Alle 12.45 del 18 settembre 1970 il
dottor John Bannister, medico del St Mary Abbot’s Hospital di
Londra, dichiarava morto Jimi Hendrix. Dieci giorni dopo, una
volta effettuata l’autopsia, il coroner Gavin Thurston stabilì
che la causa della morte era l’asfissia: Hendrix era stato
soffocato dal proprio vomito durante il sonno indotto da una
dose eccessiva di barbiturici. Tuttavia, vista la mancanza di
chiare evidenze, il verdetto sulla morte di uno dei geni della
musica del ‘900 è rimasto aperto. James Marshall Hendrix, per
sempre Jimi, avrebbe compiuto 28 anni il 27 novembre.
    Come tutta la sua vita, anche la sua stupida morte prematura
è avvolta nel mito: più d’uno ha raccolto materiale per
dimostrare che le leggerezze e gli errori che hanno portato al
decesso fossero tutt’altro che casuali. La tesi del complotto
poggia su un dato provato: Hendrix finanziava le Black Panther e
per questo era spiato dall’onnipresente FBI di J.Edgar Hoover.
    Dunque quella notte maledetta sarebbe stato aiutato a morire con
la complicità, volontaria o meno, di Monika Danneman, la donna
con cui ha passato la sua ultima notte. Quello che è certo, è
che Jimi Hendrix è una delle vittime più illustri di un business
senza scrupoli, che, grazie a contratti capestro, lo sfruttava
senza pietà, costringendolo a una massacrante routine di
concerti.
    In questo mezzo secolo la musica di Jimi Hendrix è rimasta
attuale: ancora oggi sono in pochi a dubitare del fatto che sia
stato il più grande chitarrista della storia del rock. La sua
carriera di star è una luce abbagliante durata solo quattro
anni. I primi tre album sono capolavori: insieme alla
Experience, Mitch Mitchell alla batteria e Noel Redding al
basso, incide nel 1967, in meno di un anno, “Are You
Experienced”, uno dei più grandi debutti di sempre e “Axis: Bold
As Love”. Poi nel 1968 registra il suo ultimo album in studio,
il doppio “Electric Ladyland”. Nel 1967 l’America ancora non lo
conosceva: Paul McCartney lo raccomandò agli organizzatori del
festival di Monterey. Il 18 agosto 1969 un altro appuntamento
con la leggenda: Woodstock. La sua versione distorta dell’inno
americano è una delle performance più importanti e sconvolgenti
di sempre. (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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