Huawei Technologies è oggi la multinazionale cinese più famosa al mondo. Attiva nel campo delle telecomunicazioni e delle reti di comunicazione, con quartier generale situato a Shenzhen, nella regione cinese del Guangdong, dal 2012 ha superato la svedese Ericsson, divenendo il primo produttori mondiale di apparecchiature per le telecomunicazioni.
Nata nel 1987 come società privata controllata direttamente dai dipendenti (equivalente delle cooperative italiane), Huawei ha come mission societaria quella di fornire apparati di comunicazione, costruire reti di telecomunicazione su breve e lunga distanza e garantire supporto e servizi legati a queste due attività. Negli ultimi anni, complice l’adozione di Android, Huawei ha fatto il suo ingresso nel settore dei dispositivi di comunicazione mobile.
Fino all’anno scorso, gli smartphone Huawei erano tra i più apprezzati e diffusi sui mercati di tutto il mondo e la società cinese era terzo produttore di smartphone al mondo, dopo Apple e Samsung. Se oggi Huawei non è più neanche tra i primi cinque produttori, però, il motivo c’è ed è da cercare nella sua storia.
Nell’ultimo decennio, grazie anche all’adozione di Android, Huawei ha saputo imporsi nel settore dedicato al mobile. L’ascesa ha però subito una brusca interruzione a causa di alcune vicissitudini che hanno coinvolto da vicino i vertici dell’azienda, portando alla rottura con Google e il suo sistema operativo. Dopo essersi posizionata sui gradini più alti delle classifiche di gradimento di tutto il mondo, ora la società cinese sta tentando di riprendersi il patrimonio di sostenitori conquistato nel passato recente per ritrovare i fasti che, nello scorso decennio, avevano reso grande questo nome.
I primi anni
Fondata nel 1987 dall’ex ufficiale dell’Esercito Popolare Cinese Ren Zhengfei, inizia la propria attività rivendendo centralini ed altri apparati telefonici importati da Hong Kong.
A partire dagli anni ’90 inizia ad “alzare il tiro”, importando e producendo da sé apparati telefonici per hotel e piccole industrie: gli affari vanno bene e nel 1992 Huawei produce il suo primo centralino digitale.
Si tratta del modello C&C08, tra i primi centralini digitali dell’intera Cina e il più potente allora in commercio: sviluppandosi inizialmente nelle zone rurali e nelle piccole città, la società guadagna pian piano fette di mercato sempre più elevate, sino a diventare uno dei maggiori player del mercato cinese.
L’espansione internazionale
Dopo esser riuscita ad affermarsi sul mercato interno, Huawei inizia il proprio assalto al mercato internazionale. La prima tappa fu, logicamente, Hong Kong, dove nel 1997 realizzò una rete di telefonia fissa per la Hutchinson Whampoa. Sempre nel 1997 Huawei iniziò a progettare e produrre apparati di rete per la telefonia mobile, allargando la propria offerta al mercato CDMA e UMTS. Nel 1999 continua con la sua politica espansiva, aprendo il primo centro ricerca e sviluppo fuori dal territorio cinese (a Bangalore per la precisione, India), mentre tra il 1998 e il 2003 la collaborazione con IBM permette alla società cinese di rivedere il sistema di management interno e la struttura di sviluppo dei prodotti. Nel 2000, per la prima volta nella sua storia, passa la soglia dei 100 milioni di ordinativi dall’estero.
Ciò consente a Huawei di accelerare il proprio processo di espansione all’estero: nel 2000 venne aperto il primo centro di ricerca europeo (a Stoccolma, in Svezia), mentre nel 2001 è il turno degli Stati Uniti. Nel 2002 gli ordinativi dall’estero superano la soglia del mezzo miliardo di dollari: un aumento del 500% nel giro di appena un biennio.
Nel 2005 arrivano i contratti con British Telecom per la fornitura di infrastrutture di rete che permettessero di supportare lo sviluppo futuro delle telecomunicazioni fisse e mobili.
Nel 2008 apre un centro di ricerca avanzato per la telefonia mobile in Australia; nello stesso anno il gigante cinese inizia la costruzione della prima rete mobile su larga scala in Nord America. L’anno successivo Huawei consegna una delle prime reti di telefonia mobile LTE/4G al mondo: “beneficiaria” è la norvegese TeliaSonera.
Nel luglio 2010 viene inserita, per la prima volta, nella Fortune Global 500, la classifica delle 500 aziende mondiali con il maggior fatturato. Tra il 2012 e il 2013 Huawei inaugura nuovi centri di ricerca e sviluppo e nuovi uffici in vari Paesi del mondo: il quartiere generale inglese viene spostato a Green Park, nella cittadina di Reading; la base operativa canadese è invece situata a Regina, nella regione del Saskatchewan.
Tra il 2010 e il 2015, inoltre, Huawei ha aumentato la propria presenza nel mercato della telefonia mobile lanciando diversi modelli di smartphone. Come già detto, gli Huawei Ascend (come l’Ascend P7) sono stati tra i dispositivi più apprezzati nei mercati internazionali, garantendo al gigante asiatico il 5% circa del mercato mondiale di smartphone.
È il 2015 quando l’azienda dice addio alla linea Ascend, passando ai flagship e alla serie P8. C’è spazio anche per il primo smartwatch brandizzato Huawei, dotato di Os Android, e il telefonino Nexus 6P nato dalla collaborazione con Google.
L’onda grossa non accenna a fermarsi, visto che nel 2016 debutta sul mercato la linea di laptop MateBook. Giusto l’anno seguente è la volta del network IoT, un enorme cloud basato sull’IoT per connettere i principali device alla rete e creare un’esperienza digitale completa.
Le accuse di spionaggio
Il 2018 non è però unicamente foriero di buone notizie. Se l’azienda tocca i 200 milioni di smartphone venduti, quasi in contemporanea arrivano le accuse di spionaggio legate alle strumentazioni utilizzate sul velocissimo network 5G realizzato in Cina.
A questo si aggiunge la legge Usa che vieta gli accordi economici con Huawei, ZTE e altre società cinesi impegnate nella commercializzazione di prodotti di sorveglianza, in nome della sicurezza nazionale. Dopo un esame dell’hardware utilizzato per il 5G, Regno Unito e Germania respingono al mittente le accuse, scongiurando ripercussioni economiche promesse da Huawei contro eventuali oppositori.
Il ban Usa
Tra le battaglie legali in cui viene coinvolto il brand, avviene anche l’arresto in Canada di Meng Wanzhou, manager finanziaria e figlia del fondatore della società. A nulla però valgono i tentativi di estradizione di Trump, per processare l’ex dirigente in territorio Usa.
Tra maggio e giugno del 2019 arriva il primo, parziale ban americano. Dopo l’import/export di beni, servizi e tecnologie verso l’Iran nonostante le politiche in vigore, gli Usa bloccano la collaborazione tra Huawei e molte società statunitensi. Il blocco, rimandato più volte fino a settembre 2020, riguarda i materiali prodotti dalle fabbriche statunitensi destinati all’azienda.
Tornando al lato più tech, nell’agosto 2019 fa il suo debutto HarmonyOS, il sistema operativo basato su microkernel dalla natura versatile.
Durante la presentazione viene sottolineata la capacità di adattarsi a schermi smart, wearable e sistemi automobilistici, evitando però qualsiasi riferimento, diretto o indiretto, all’integrazione su device mobili come smartphone e tablet.
Gennaio 2020 inizia con il rilascio degli Huawei Mobile Services, i quali possono sostituire la controparte firmata da Big G sui device del brand che ne sono sprovvisti. Ruolo fondamentale lo giocano in occasione dell’uso dell’app store proprietario, in alternativa al Play Store di Mountain View: in quel periodo si contano 55mila applicazioni, numero destinato a crescere.
Proseguono poi i tentativi di riportare negli Usa Meng, dove potrebbe scontare 30 anni di prigione. Intanto, si infiammano le accuse di UK e Stati Uniti: prima le prove, snocciolate dal Dipartimento della Difesa inglese, della collusione con il governo cinese, e poi il ban – stavolta totale – che impedisce alle aziende Usa di fornire materiale tecnologico e prodotti all’azienda cinese.
Era però dall’arresto di Meng che Huawei accumulava materiali per i suoi device, raggiungendo un monte necessario per la produzione di circa 1,5-2 anni. Le stime degli esperti parlano chiaro: i pezzi basterebbero per 195 milioni di smartphone.
2021, l’anno di HarmonyOS
È già il 2021: mentre i vertici pensano a una fabbrica proprietaria a Shanghai, senza l’ausilio delle tecnologie statunitensi, a giugno avviene la vera rivoluzione è a giugno: smartphone Huawei con HarmonyOS. Sostituendo Android, vittima del ban, il sistema operativo appare su 16 dispositivi distribuiti in Cina, tra cui Mate 40, Mate 30, Mate X2 e P40 e i tablet della linea MatePad Pro.
È indubitabilmente un grande passo, sebbene non si tratti di un sistema completamente nuovo ma di una variazione sul tema del robot. Se avrà successo e saprà ritagliarsi un posto nel panorama tech, però, è ancora presto per dirlo.
Fonte Fastweb.it