L’Fbi ha acquistato e testato per anni Pegasus, il software spia prodotto dall’israeliana NSO Group ora nella lista nera americana. Era il 2019 e gli abusi compiuti tramite Pegasus, al centro di uno scandalo di spionaggio mondiale di politici e vip, erano già ben documentati. Questo – rivale un’indagine del New York Times – non impedì all’Fbi di procedere con l’acquisto e alla Cia di comprarlo per il governo di Gibuti per combattere il terrorismo, ignorando i timori sugli abusi dei diritti umani, inclusa la persecuzione di giornalisti e la tortura di dissidenti.
Nella brochure di vendita di Pegasus presentata all’Fbi e ad altre agenzie americane il software-spia – il cui modello più evoluto è chiamato Phantom – veniva descritto come in grado di “trasformare lo smartphone” di una persona sorvegliata “in una miniera d’oro per l’intelligence”. Pegasus è stato al centro di un ampio dibattito fra il Dipartimento di Giustizia, i legali del governo e l’Fbi per due anni e due amministrazioni: alla fine nell’estate del 2021, prima delle nuove rivelazioni sul suo utilizzo da parte del consorzio Forbidden Stories, gli Stati Uniti hanno deciso di non usarlo. Nel novembre dello stesso anno il Dipartimento del Commercio ha poi inserito NSO nella black list Usa delle entità coinvolte in “attività contrarie agli interessi della politica estera e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.
L’annuncio ha suscitato l’ira di Israele, che ha considerato la mossa di Washington non solo come uno sfregio ad uno dei suoi gioielli della corona ma come un attacco al Paese stesso. A far infuriare gli israeliani, secondo le ricostruzioni del New York Times, sarebbe stata “l’ipocrisia americana”: l’inserimento nella lista nera arrivava infatti dopo anni di test segreti su Pegasus in casa e dopo averlo messo nelle mani di almeno un paese, Gibuti.
Fonte Ansa.it