L’IA può predire l’arrivo del prossimo Tsunami

Nelle ultimi vent’anni gli tsunami hanno generato onde anomale che si sono poi infrante lungo le coste provocando centinaia di migliaia di vittime. Ma cosa sarebbe successo se fosse stato possibile prevederli? Proprio a causa delle recenti catastrofi (la peggiore colpì nel 2004 il Sud-Est asiatico) sono stati messi a punto sistemi di allarme sempre più efficaci, che scattano in concomitanza con le prime scosse registrate dai sismografi.

Non tutti questi fenomeni, però, hanno una matrice prettamente sismica, possono anche formarsi dall’incontro di onde oceaniche in mare aperto. Per questo fare previsioni con i sistemi attuali è molto difficile, a meno che non si ricorra alle potenzialità dell’intelligenza artificiale, che potrebbe diventare uno strumento decisivo per la prevenzione di queste catastrofi.

Raccolta e monitoraggio. Gli scienziati del Noaa – National Oceanic and Atmospheric Administration – stanno istruendo un software di IA a sviluppare equazioni in grado di gestire fenomeni imprevedibili come gli tsunami, soprattutto quelli in mare aperto. Hanno dato in pasto al cervellone i dati raccolti in oltre 700 anni di osservazione dei movimenti marittimi, oltre a quelli registrati da 158 boe che monitorano senza sosta le acque di tutto il mondo.

Lo scopo? Comprendere a fondo i fenomeni alla base della formazione dei maremoti e allertare con sufficiente anticipo non solo le autorità costiere, ma anche le imbarcazioni che navigano al largo.

Rete neurale oceanica. A scendere nel dettaglio è Dion Häfner, membro del Noaa, che in un articolo pubblicato sulla rivista PNAS, spiega come gli tsunami siano causati da un mix di fattori che fino a ora non erano mai stati combinati tra loro per ricavare una stima “complessiva” del rischio. Con questo progetto, invece, nasce una sorta di rete neurale, che utilizzando dati storici e rilevazioni in tempo reale, può apprendere autonomamente le cause che scatenano le onde di marea e prevederne la formazione, fornendo una stima precisa di quando e dove si verificheranno.

Ci salverà? Da quando il programma è iniziato, le prime acquisizioni raccolte hanno evidenziato ben 100.000 onde anomale, perlopiù di piccola e media dimensione. Queste onde sembrano generarsi casualmente ma in realtà possono essere analizzate e studiate in modo da predire le più grandi. Come quella soprannominata Ucluelet, apparsa nel 2020 al largo delle coste del Canada, alta 17,6 metri, quanto un palazzo di cinque o sei piani.

Il progetto ha già ottenuto i primi risultati riuscendo a fornire a diverse navi in mare aperto le coordinate di situazioni pericolose, in modo da consentire all’equipaggio di virare in anticipo e di scegliere rotte alternative.

Fonte Focus.it

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