(ANSA) – BRUXELLES, 13 SET – “Dal 2008, ogni anno circa mezzo
milione di cittadini non-Ue ha ricevuto un’ingiunzione a
lasciare l’Unione perché vi era entrato o soggiornava senza
autorizzazione. Tuttavia, meno di uno su cinque è effettivamente
ritornato nel proprio paese al di fuori dell’Europa”: lo rileva
la Corte dei Conti Ue in un rapporto sulle riammissioni. Una
delle cause del basso numero di rimpatri di migranti irregolari
è la difficoltà a cooperare con i loro Paesi di origine, spiega
la Corte. Nel periodo 2015-2020, “l’Ue ha compiuto scarsi
progressi nel concludere i negoziati per gli accordi di
riammissione, che si sono incagliati prevalentemente in annosi
problemi, primo fra tutti la clausola sui cittadini di paesi
terzi”, ovvero quella norma che consente il rimpatrio di persone
in un Paese terzo nel quale erano transitate prima di entrare
nell’Ue. I Paesi terzi tendono a opporsi a questa clausola –
spiegano gli esperti – in quanto politicamente molto sensibile e
non radicata nel diritto internazionale. Nella pratica, la
clausola sui cittadini di Paesi terzi è applicata sporadicamente
per motivi giuridici, operativi e connessi ai diritti umani.
(ANSA).
Fonte Ansa.it