(ANSA) – TORINO, 30 DIC – “Antonio ha scritto molte lettere
in cui chiedeva aiuto. Negli ultimi colloqui mi diceva ‘portami
a casa, non ce la faccio più, qui non mi aiutano, mi fanno
morire qui dentro’. Vogliamo che venga fuori la verità, perché
cose del genere non capitino più a nessuno”. A parlare è Mario
Raddi, il padre del giovane che il 30 dicembre di 2 anni fa morì
in seguito a un’infezione dopo aver perso 25 chili mentre era in
carcere a Torino.
Con accanto la moglie, la figlia, l’avvocato Gianluca Vitale
e la Garante dei detenuti della Città, Monica Gallo, il padre di
Antonio Raddi è tornato a raccontare la storia del figlio e a
chiedere giustizia dopo che la procura ha chiesto
l’archiviazione del caso della morte del ragazzo. “Testimoni ce
ne sono tanti e l’omertà in questi casi dovrebbe essere messa da
parte – dice -, le persone dovrebbero dire come sono andate le
cose e quello che hanno visto invece che raccontare falsità,
perché non è vero che abbia rifiutato le cure o che non
mangiasse per poter uscire dal carcere”. Per mesi anche la
Garante aveva segnalato la vicenda “e oggi mi chiedo ancora –
sottolinea – quali delle autorità a cui io ho inviato mail per
mesi e mesi siano andati davvero a vedere quel ragazzo negli
occhi, a vedere come stava”.
Per l’avvocato Vitale “il giorno che Antonio è morto è stato
certificato il fallimento dell’istituzione carceraria. Crediamo
che la giustizia non debba ammettere anche il proprio
fallimento, non possiamo accettare che si dica queste cose
possono accadere. Per questo – aggiunge – la famiglia vuole
andare avanti e ha proposto opposizione all’archiviazione”.
Ora verrà dunque fissata un’udienza davanti al Gip che dovrà
decidere se disporre nuove indagini o accogliere richiesta della
procura e archiviare. “Noi crediamo si debba andare avanti –
conclude l’avvocato -, che debba esserci un processo pubblico e
capire cosa è successo davvero e se ci sono state delle
mancanze, perché non succeda mai più”. (ANSA).
Fonte Ansa.it